“[…] Pertanto, solo 9 dei 56 Grandi Progetti complessivamente approvati hanno avuto sia l’avvio che la conclusione nell’ambito della programmazione 2007 – 2013, come interventi finanziati dall’UE entro la durata ordinaria del ciclo (in pratica, il decennio 2007 – 2017).”
In questo laconico passaggio, estratto dalla Relazione Speciale “I Grandi Progetti della programmazione europea 2007 – 2013: un bilancio d’insieme e indicazioni per il futuro”, redatta dalla Corte dei Conti in Luglio 2021, può leggersi tutta la descrizione della reale capacità di attuazione dei Grandi Progetti avutasi in Italia nel ciclo di programmazione 2007-2013. E questa, diciamolo, impietosa, evidenza numerica giunge proprio mentre la macchina amministrativa nazionale e locale si prepara alla gestione dell’enorme mole di fondi garantiti dal PNRR.
I Grandi Progetti, definiti come “un insieme di lavori, attività o servizi in sé intesa a realizzare un’azione indivisibile di precisa natura tecnica o economica” e aventi valore finanziario singolo superiore ai 50 milioni di euro, in tutti i passati cicli di programmazione settennale hanno sempre rappresentato, per loro intrinseca natura, una voce assai rilevante del complessivo impiego dei fondi garantiti dall’Unione Europea, sostanzialmente allocando grandi quantità di risorse per la realizzazione d’interventi infrastrutturali e produttivi. Eppure, la Relazione Speciale della Corte dei Conti restituisce una sintesi dell’efficacia attuativa dei Grandi Progetti che si rivela ben lontana dal risultato auspicato di funzionalità e di fruibilità che in vero sarebbe stato lecito attendersi.
All’approssimarsi del ciclo di programmazione 2021 – 2027, nonché del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, appare di non poco momento una pur rapida analisi delle principali cause alla base di una conclamata inefficienza nella realizzazione dei Grandi Progetti, inizialmente intesi come possibilità di riscatto, riqualificazione, ovvero ancora modernizzazione di aree o settori capitali per l’intero Paese. Le informazioni assunte dalla Corte dei Conti presso le Autorità di Gestione puntano tutte a intravedere due problemi radicali: l’impiego poco efficace delle risorse: umane, intellettuali e finanziarie, nonché il decorso dei procedimenti burocratici che spesso incagliano i Grandi Progetti senza che alcun soggetto con poteri di governance abbia sufficienti poteri o una reale possibilità di ristabilirne le sorti.
“Dilatazione dei tempi per i lavori a causa di difficoltà tecniche” e “Ritardi per iter burocratici (es. rilascio pareri)” costituiscono ognuna il 20% delle criticità totali, lasciando ragionevolmente supporre che esistano limiti intrinsechi nell’ambito in cui s’inserisce un generico Grande Progetto, spesso attribuibili proprio ai meccanismi di funzionamento della P.A. o, ancora, alla qualità e numerosità della dotazione organica dell’Amministrazione beneficiaria.
Dietro alla dicitura “Dilatazione dei tempi per i lavori a causa di difficoltà tecniche” si nasconde una pur evidentissima criticità di fase progettuale, oltretutto ricorsiva data la numerosità dei casi. Atteso che ogni progettazione può incontrare necessità d’imprevedibili modifiche in fase di realizzazione dell’opera, è altresì possibile che esista un problema di scarsa qualità, di approssimazione, delle progettazioni stesse che ha effetto sulla dilatazione dei tempi, oltre che naturalmente sul costo finale del Grande Progetto, il quale non potrà far altro che indefinitamente aumentare. Qualora così fosse saremmo di fronte a una lacuna imperdonabile, sia per la P.A. nei casi di progettazioni “interne”, sia per i privati eventualmente beneficiari dei contributi.
La voce “Ritardi per iter burocratici (es. rilascio pareri)” può essere a sua volta una conseguenza delle approssimazioni di cui sopra, le quali allungano i tempi burocratici per continua necessità di aggiornamento progettuale, cui ogni volta segue un necessario aggiornamento dei titoli autorizzativi eventualmente acquisiti, o ancora la ripetizione di iter procedimentali già sufficientemente complessi negli ordinamenti vigenti.
Un ulteriore serio aspetto che si evince dalla Relazione Speciale della Corte dei Conti, e che a sua volta influenza in modo negativo l’efficienza di attuazione dei Grandi Progetti, risiede nel fatto che in più d’un caso i Grandi Progetti completati durante la programmazione 2007 – 2013 erano in realtà stati avviati nel corso del ciclo precedente 2000 – 2006 e poi riportati “a cavallo” fra i due cicli sfruttando risorse della programmazione 2007 – 2013 per la loro conclusione, ovvero ancora erano progetti “antichi” – c.d. retrospettivi – avviati con fondi nazionali e poi spostati sulla programmazione europea al fine di assorbire i fondi disponibili.
Guardando dunque ai dati si potrebbe addirittura ritenere che i Grandi Progetti abbiano costituito un mezzo attraverso cui contribuire all’allocazione delle risorse europee, impegnando somme ingenti ma tuttavia senza che ci fosse una reale preparazione e struttura del beneficiario a garantirne il completamento. Ossia quella fruibilità e funzionalità, le quali sono proprietà che ogni intervento finanziato con fondi europei deve possedere per poter essere innanzitutto ammissibile al finanziamento stesso.
I dati già citati riguardo alle principali criticità per l’attuazione dei Grandi Progetti non fanno purtroppo altro che confermare debolezze intrinseche dell’ambito in cui si realizza l’attuazione dei progetti finanziati con fondi europei, per i quali la riproposizione “a cavallo” fra due cicli di programmazione non si è rivelata risolutiva per massimizzare l’impiego efficace dei fondi e l’effettivo ritorno dell’attuazione di un generico Grande Progetto come benessere e crescita della comunità direttamente interessata.
Questo il giudizio sulla pratica della fasizzazione espresso dalla Corte dei Conti, il quale si riferisce a un’analisi di contesto generale e non singolarmente centrata su una Regione o uno specifico Ministero: “Il ricorso così diffuso alla fasizzazione sembra pertanto confermare il giudizio secondo il quale i Grandi Progetti hanno costituito uno strumento per limitare il rischio del disimpegno automatico dei fondi, nell’ambito di un ciclo di programmazione che presentava in generale forti ritardi nell’attuazione”.
Nel quadro appena descritto con riferimento ai Grandi Progetti inseriti nella programmazione 2007 – 2013 s’inserisce il grafico che segue, da cui si può anche desumere il notevole sforzo procedurale costruito per favorire la realizzazione (prima o poi…) di un Grande Progetto. Le diverse opzioni di gestione di un Grande Progetto, le quali si desumono dal grafico, non fanno però altro se non continuamente comportare slittamenti, riprogrammazioni, spacchettamenti che confermano una prassi d’inefficienza senza suggerire alcun metodo per la modifica della sostanza dei processi di attuazione.
Il punto nodale potrebbe essere dunque la ricerca di una modalità operativa che modifichi in modo radicale le probabili sorti di un Grande Progetto, e tale ricerca non può che partire da una valutazione sull’assetto della governance a vario titolo coinvolta nell’impiego dei fondi strutturali.
Fra i molteplici soggetti coinvolti nella governance dei fondi – Ministero per il Sud e la Coesione Territoriale, Dipartimento per le Politiche di Coesione e la Cabina di Regia istituita presso la Presidenza del Consiglio, l’Agenzia per la Coesione Territoriale, l’Ispettorato Generale per i Rapporti Finanziari con l’UE, le Autorità di Gestione, Invitalia S.p.A. – è alto il rischio di sovrapposizione di competenze ma, ancor di più, riveste un aspetto cruciale la necessità d’identificazione di un centro di impulso decisionale, come definito dalla Corte dei Conti, ossia di un soggetto dotato di poteri tali da risollevare un progetto “dalle secche” procedurali conducendolo a effettiva conclusione.
Il ripensamento della struttura di governance, che la Corte dei Conti descrive come un auspicio, unitamente all’identificazione di eventuali carenze strutturali nella capacità amministrativa dei soggetti proponenti appaiono oggi passi obbligati per l’efficientamento dell’allocazione dei fondi strutturali, nonché per la reale e completa attuazione dei Grandi Progetti, così come in generale di tutti gli interventi di qualsiasi importo trattasi.
Passi obbligati alla soglia dell’avvio del ciclo di programmazione 2021 – 2027 e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, al fine di poter evitare il tanto temuto “ingorgo” dei fondi e rispettare al massimo grado le strette scadenze imposte dalla struttura stessa del PNRR.
Così che i Grandi Progetti ritornino a rivestire il ruolo d’imponente spinta allo sviluppo che li aveva ispirati, abbandonando lo status di “stratagemma” impiegato per l’allocazione di fondi strutturali che altrimenti l’Unione Europea avrebbe ritirato.
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