Dopo cinque programmazioni consecutive, la Commissione Europea, attraverso la proposta di Regolamento Interreg post 2020, ha deciso di adottare un cambiamento radicale di questo approccio. Tuttavia la proposta non convince né il Parlamento Europeo, né il Comitato delle Regioni.
La Cooperazione Territoriale Europea (CTE), meglio conosciuta come Interreg – dalla denominazione attribuita a ciò che originariamente era una Iniziativa Comunitaria a gestione diretta della Commissione Europea – rappresenta uno dei due Obiettivi della Politica di Coesione, insieme all’Obiettivo Investimenti per la Crescita e l’Occupazione (ICO). Le nuove proposte regolamentari della Commissione Europea per la programmazione 2021-2027 confermano questo ruolo, riservando alla CTE una funzione rilevante per la coesione territoriale delle regioni europee.Sin dalla sua istituzione nel 1990, la CTE si è sempre articolata in tre diversi “strands”:
- cooperazione transfrontaliera, che tra l’altro è quella che assorbe solitamente più della metà delle risorse destinate all’Obiettivo CTE, realizzata tra regioni di livello NUTS 3 (per l’Italia, territori provinciali) che si trovano lungo i confini terrestri interni ed esterni e lungo i confini marittimi separati da una distanza massima di 150 km;
- cooperazione transnazionale, che coinvolge regioni di livello NUTS 2 (per l’Italia, territori regionali), in aree coerenti più vaste ed estese;
- cooperazione interregionale, che riguarda tutte le regioni di livello NUTS 2 del territorio dell’Unione.
Dopo cinque programmazioni consecutive, la Commissione Europea, attraverso la proposta di Regolamento Interreg post 2020 1 , ha deciso di adottare un cambiamento radicale di questo approccio, distinguendo cinque componenti:
- cooperazione transfrontaliera terrestre, che riguarderà dunque solo le regioni situate lungo in confini terrestri e non anche marittimi;
- cooperazione transnazionale, che includerà sia aree di cooperazione transnazionale terrestre che la cosiddetta cooperazione di bacino, nella quale dovrà confluire la cooperazione tra confini marittimi. La proposta di regolamento parla di aree funzionali contigue, preferibilmente associate ad una strategia macroregionale o di bacino;
- cooperazione tra le regioni ultraperiferiche e tra queste e i paesi terzi o partner loro vicini o con i paesi e territori d’oltremare (PTOM);
- cooperazione interregionale, che riguarderà solo due dei quattro programmi attuali (INTERACT IV ed ESPON);
- investimenti interregionali per l’innovazione, una novità assoluta che deriva dall’applicazione della Comunicazione COM(2017)376 2 sull’innovazione delle regioni europee e che intende sostenere piattaforme tematiche di specializzazione intelligente (S3) in settori quali l’energia, la modernizzazione industriale o agroalimentare.
Le motivazioni di questa scelta derivano senza dubbio dall’esigenza di una razionalizzazione degli attuali 107 Programmi di cooperazione (CTE/ENI/IPA) in Europa. Programmi che, nonostante una dotazione molto più esigua rispetto a quelli dell’Obiettivo ICO, rispondono integralmente agli stessi adempimenti, con notevoli costi amministrativi – legati anche a difficoltà linguistiche e normative – ed oneri non proporzionati rispetto alle risorse da gestire.
Tuttavia, la proposta non pare abbia soddisfatto finora né il Parlamento Europeo 3 , né il Comitato delle Regioni 4 , che hanno espresso nei loro rapporti preliminari un parere contrario sia alla eliminazione tout court della cooperazione marittima dalla cooperazione transfrontaliera, sia alla nuova componente 5 ed al fatto che venga gestita direttamente dalla Commissione Europea.
Si attendono le posizioni che saranno espresse dagli Stati Membri nell’ambito del Consiglio UE e l’andamento del negoziato per comprendere se davvero la CTE sarà suddivisa in tre, in cinque o in un altro numero di componenti.
Risulta imprescindibile, in ogni caso, una riduzione del numero dei Programmi ed una diversa articolazione geografica delle relazioni all’interno ed all’esterno dell’UE.
Be First to Comment