“Voi dite che nella vita non c’è solo il bianco e il nero. Ma è una bugia. Una bugia molto pericolosa. O evitiamo l’aumento della temperatura di 1,5 gradi, oppure no. O evitiamo di innescare una reazione a catena irreversibile che sfuggirà a qualsiasi controllo umano, oppure no. O scegliamo di voler esistere ancora come civiltà, oppure no. E questo è bianco o nero”
Questo è ciò che scrive (fra le altre cose) Greta Thumberg, giovane studentessa svedese nata nel 2003 che sta sensibilizzando un’intera generazione alla salvaguardia del pianeta.
Candidata al premio Nobel per la pace, iscritta tra i 25 teenager più influenti dal Time è l’ideatrice dei Friday for Future, portando nelle strade di centinaia di città del mondo gli studenti in occasione dello sciopero nazionale del 15 marzo scorso.
Greta, come tutti i suoi coetanei svedesi, viene informata dai problemi causati all’ambiente dall’inquinamento e dalle emissioni di CO2 a scuola, in particolare è l’immagine di un’isola di plastica nell’oceano che la colpisce profondamente, la turba. Da allora si informa, studia, si tiene aggiornata, insomma si preoccupa dell’argomento e rimane profondamente delusa dall’ignavia dei governi di tutto il mondo.
Le prime elezioni europee, il 26 maggio scorso, dopo l’esordio di Greta Thumberg e del suo movimento internazionale per la difesa dell’ambiente, hanno portato al Parlamento di Strasburgo 17 seggi in più per il gruppo Verdi/Ale, per un totale di 69 eurodeputati. Il miglior risultato di sempre. I partiti ecologisti hanno ottenuto i risultati più importanti nei paesi in cui il dibattito sui temi ambientali è più sviluppato, il che non coincide necessariamente con i paesi che adottano comportamenti più sostenibili o che inquinano di meno.
“Penso che il risultato abbia a che fare con persone che vogliono una visione positiva dell’UE, ma vogliono anche cambiamenti e persone che chiedono misure concrete per combattere la crisi climatica” (Ska Keller Verdi europei)
Il cambiamento climatico, infatti, rappresenta ovunque la più grande minaccia allo sviluppo sostenibile e il suo impatto diffuso e senza precedenti, grava in modo sproporzionato, in particolar modo, sui più poveri e vulnerabili.
Un’azione urgente per fermare il cambiamento climatico e affrontare i suoi impatti è parte integrante per la buona riuscita dell’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS).
Complessivamente, l’Accordo di Parigi del 2015, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e il Quadro Sendai per la riduzione dei rischi di catastrofi – forniscono le basi per uno sviluppo sostenibile, resiliente e a basse emissioni di carbonio in un clima che cambia.
Raggiungere l’obiettivo principale dell’Accordo di Parigi – mantenere l’aumento medio della temperatura globale ben al di sotto di 2 ° C e il più vicino possibile a 1,5 ° C rispetto ai livelli preindustriali – è vitale per il raggiungimento di tutti e tre i target.
Dal 2015 la temperatura media globale è già aumentata di circa un grado, sottolineando l’urgenza dell’azione se vogliamo restare il più vicino possibile a 1,5 ° C.
L’accordo di Parigi viene considerato un grande successo per le Nazioni Unite e la cooperazione intergovernativa ed è il primo importante accordo multilaterale del XXI secolo. E’ un accordo universale e giuridicamente vincolante, ed è un chiaro segnale per tutte le parti interessate, investitori, imprese, società civile e responsabili politici che la transizione globale verso l’energia pulita è oramai realtà e che bisogna allontanarsi dai combustibili fossili.
L’Accordo di Parigi contiene tutti gli indispensabili ingredienti di un regime che offre un’azione sul clima realistica ed efficace, incluso un obiettivo a lungo termine, un ciclo ambizioso di 5 anni e un sistema di trasparenza e responsabilità. L’accordo e le decisioni a Parigi hanno confermato anche che i paesi sviluppati continuino a sostenere i paesi più poveri e più vulnerabili attraverso finanziamenti a favore del clima. Ciò consente loro di ridurre le emissioni, e creare competenze e capacità per partecipare più efficacemente al quadro di trasparenza rafforzato dell’Accordo.
Successivamente, con l’adozione del documento sul clima, il “libro delle regole” di Katowice, al COP 24 (la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico), i Paesi sono entrati in una nuova era per quanto riguarda i loro sforzi per affrontare i cambiamenti climatici. E’ un risultato enorme, che rappresenta una incredibile mole di lavoro da parte di tutti gli organismi coinvolti.
Il documento fornisce il quadro operativo per l’azione a favore del clima e una guida per rintracciare e valutare gli sforzi a livello nazionale e livello internazionale. Ad esempio, il pacchetto delinea come i paesi dovranno riferire sui loro NDC (Nationally Determined Contribution), l’azione specifica che intraprenderanno e come possono comunicare i loro progressi.
https://cop24.gov.pl/news/news-details/news/the-katowice-rulebook-main-principles-of-the-document/
Gli impegni attuali in NDC sono insufficienti per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 ° C, oltre il quale, come l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha sottolineato nella sua speciale relazione dello scorso anno, gli impatti climatici cominceranno a salire drammaticamente.
Per limitare il riscaldamento globale a 1,5 ° C, le emissioni di CO2 devono diminuire di circa il 45% entro il 2030, i prossimi anni saranno quindi cruciali per colmare il divario tra impegni attuali e ciò che è realmente necessario.
Nel 2019, eventi come le settimane climatiche regionali dell’UNFCCC, dialoghi, sessioni e incontri per lo sviluppo di nuove competenze e possibilità, nonché COP 25 in Cile a dicembre, forniranno opportunità vitali per gli sforzi avanzati collettivamente e prepareranno il terreno per una azione più incisiva che sarà necessaria per il prossimo decennio.
Il 2019 deve anche essere un punto di svolta nella fornitura di servizi finanziari, supporto tecnologico e di capacity building ai paesi in via di sviluppo e le popolazioni più vulnerabili. Il sostegno ai paesi in via di sviluppo dovrà essere aumentato in modo che tutte le parti possano impegnarsi pienamente nella risposta globale al cambiamento climatico, in particolare in termini di adattamento.
Poiché la comunità internazionale lavora su questi obiettivi, è fondamentale ricordare che attraverso la sinergia tra l’azione per il clima e gli SDGs si potrà ottenere un cambiamento sistemico positivo che assicurerà una capacità di ripresa, di produttività nonché un ambiente salutare.
Un altro momento chiave sarà il Summit delle Nazioni Unite per l’azione sul clima 2019, che sarà convocato dal Segretario generale delle Nazioni Unite il 23 settembre. Il vertice potrà fornire un’opportunità per produrre ambiziose politiche, piani, azioni e investimenti e creare partnership per il favorire il cambiamento. Come la natura inclusiva del vertice rende chiaro, uno dei maggiori successi del lavoro svolto in questi anni è il coinvolgimento di tutti gli stakeholders come governi regionali, città, imprese private, investitori e cittadini nelle discussioni e nelle azioni sul cambiamento climatico.
Al summit, allo stesso modo, gli attori statali e non statali dovranno farsi avanti con nuovi impegni e dimostrazioni dei cambiamenti che hanno promosso ed effettuato.
Nella prospettiva futura, c’è ancora molto lavoro da fare e l’asticella per l’azione per il clima ha bisogno di essere continuamente sollevata. I governi dovranno quindi aggiornare i propri NDC nel 2020 per avvicinarsi al raggiungimento degli obiettivi di temperatura dell’Accordo di Parigi.
Il bilancio globale – punto chiave per misurare il progresso collettivo – inizierà al quarto Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to the Paris Agreement (CMA) nel 2021 per concludersi nel 2023 con le decisioni che determineranno il prossimo ciclo di aggiornamento dei NDC. I governi hanno inoltre ribadito che l’ultimo rapporto dell’IPCC fungerà da fonte chiave di input e indirizzi per determinare al meglio il bilancio globale.
Ad oggi si è giunti ad un punto in cui la risposta ai cambiamenti climatici deve riflettersi in quasi ogni decisione dei governi, di organizzazioni, delle imprese, degli investitori e dei singoli individui negli anni a venire.
Molto è stato fatto, ma come la stessa Greta ha ribadito, è necessaria una spinta urgente e più significativa.
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