L’Agenda 2030 è il Programma adottato nel 2015 dalla comunità globale per mettere un freno alla povertà, tutelare e proteggere il pianeta e garantire prosperità alla popolazione mondiale entro il 2030.
L’Agenda si basa su 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SGDs) (cfr. Figura 1) che fanno riferimento a diversi domini dello sviluppo sociale ed economico. Gli obiettivi sono declinati in 169 Target, monitorati attraverso una lista di 244 indicatori che costituiscono il quadro di riferimento statistico a livello mondiale. Si tratta di un sistema di indicatori che vede al suo interno sia indicatori consolidati e disponibili per la gran parte dei Paesi sia indicatori che non vengono correntemente prodotti o che non sono stati ancora definiti in tutti i dettagli a livello internazionale.
Nel Rapporto SGDs 2019 elaborato dall’Istat sono contenuti importanti informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia. Stando a quanto emerge dal documento, nell’ultimo decennio il nostro Paese ha fatto registrare importanti progressi rispetto agli obiettivi Istruzione di qualità (Goal 4), Parità di genere (Goal 5), Industria, innovazione e infrastrutture (Goal 9), Consumo e produzione (Goal 12), Energia sostenibile (Goal 7), Giustizia e istituzioni (Goal 16). In peggioramento i Goal 3 (Salute), 11 (Città), e 15 (Terra).
In un Paese come l’Italia, in cui la raccolta differenziata e lo smaltimento dei rifiuti da decenni rappresentano un problema, il Goal 12 – “Consumo e produzioni responsabili, garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo”, appare come uno tra i più rilevanti.L’Obiettivo, chepromuove modelli di Produzione e Consumo Sostenibile (PCS), è finalizzato alla riduzione dell’impronta ecologica dei sistemi socio-economici, al contrasto della povertà, al miglioramento degli standard di vita e dello sviluppo economico.
Negli intenti dell’Agenda 2030, la promozione di modelli sostenibili di produzione e di consumo deve realizzarsi attraverso il contributo delle imprese (incoraggiate all’adozione di pratiche sostenibili e alla loro tracciabilità), dei cittadini (la cui consapevolezza deve essere incrementata facendo leva sull’informazione in materia di sostenibilità degli stili di vita e di consumo), delle amministrazioni pubbliche (indirizzate a far crescere il Green Public Procurement, promuovendo l’adozione di criteri ambientali in materia di appalti pubblici, e a dare impulso alla fiscalità ambientale).
Il raggiungimento del Goal 12 comporta che tutti i Paesi mettano in campo una serie di azioni, nel breve e nel lungo periodo, incentrate sull’uso efficiente delle risorse naturali; sulla riduzione degli sprechi alimentari; sullo smaltimento sostenibile e sulla riduzione della produzione di rifiuti nonché sull’abbassamento delle emissioni atmosferiche inquinanti e di altre sostanze nocive per l’ecosistema e la salute umana.
Proprio ai rifiuti è rivolto il Target 12.5 “Entro il 2030, ridurre in modo sostanziale la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclaggio e il riutilizzo”, basato sul principio “reduce, reuse, rycicle”, ispiratore dell’economia circolare. Il Target è monitorato attraverso l’indicatore “Tasso di riciclaggio nazionale, tonnellate di materiale riciclato” che è composto dai sotto-indicatori: “Percentuale di riciclaggio”. “Rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata” e “Raccolta differenziata dei rifiuti urbani”.
Stando alle ultime valutazioni Istat, malgrado gli importanti traguardi raggiunti nell’ambito del Goal 12, l’Italia ha ancora molto da lavorare per poter recuperare il ritardo rispetto agli impegni presi. Benché più che raddoppiata tra il 2004 e il 2018, la percentuale di rifiuti oggetto di raccolta differenziata si posiziona comunque al di sotto dell’obiettivo previsto per il 2012, pari al 65% (D.Lgs. 152/2006, L. 296/06).
L’esistenza di situazioni fortemente differenziate tra ripartizioni territoriali e tra regione e regione non incoraggia il recupero del ritardo. Guardando all’andamento dell’indicatore “Raccolta differenziata dei rifiuti urbani” (cfr. Figura 2) – elaborato dall’Istat su dati Ispra 2018 – si nota come la ripartizione territoriale che, fino a ora, ha fornito il contributo minore per il raggiungimento del Target è il Mezzogiorno, dove si registra un valore pari a 46,1% a fronte di un valore Italia pari a 58,1%. Al di sotto della soglia nazionale, anche il Centro che fa segnare un 54,1%. Pertanto è solo grazie alla positiva performance del Nord (67,7%) che l’Italia riesce ad avvicinarsi alla soglia del 60% dell’indicatore. In particolare è il Nord-Est che annovera le regioni più virtuose (Veneto e Trentino Alto-Adige con valori che superano il 70%), segue la Lombardia con il 70,7%. Tutte le regioni del Mezzogiorno si posizionano al di sotto della media italiana.
Grazie all’attività di monitoraggio realizzata da MonitoRA sullo stato del cambiamento di ogni indicatore scelto dalle regioni in ritardo di sviluppo nei propri PO, è possibile analizzare gli sforzi compiuti sull’innalzamento del livello della raccolta differenziata. Dal confronto tra i cinque quadri regionali (cfr. tabella 1) salta immediatamente all’occhio una situazione di partenza caratterizzata dall’elevata eterogeneità. Se, ad esempio, la Campania con un baseline di 41,5 mostrava una situazione di partenza piuttosto favorevole, lo stesso non si può dire per la Sicilia che faceva rilevare un baseline di 13,2 e per la Calabria dove la raccolta differenziata raggiungeva un valore di 14,8. Più uniformi i dati di partenza di Puglia e Basilicata, rispettivamente pari al 22 e al 25,8%.
Esaminando gli ultimi dati disponibili – elaborati dall’ISTAT su dati ISPRA 2018 – è evidente che gli importanti divari registrati all’avvio della programmazione sono stati in parte recuperati. Le regioni, infatti, si aggirano quasi tutte intorno a valori superiori al 45%, con la Campania che raggiunge il 52,6%. Unica nota dolente la Sicilia ancora al di sotto del 30%.
Il trend dell’indicatore, che risulta positivo in quattro regioni su cinque, fa ben sperare per il raggiungimento dei target al 2023 (cfr. Figura 3).
La Puglia ha già ampiamente superato il target, sebbene si tratti di un target piuttosto modesto e al di sotto della media nazionale. Basilicata e Campania, con target rispettivi di 65 e 70%, si caratterizzano per uno sforzo percentuale superiore al 30%. Se si considera che il gli obiettivi dovranno essere raggiunti entro il 2030, il gap appare facilmente recuperabile, nonostante la leggera flessione individuabile per la Campania. Sulla buona strada anche la Calabria che, sebbene faccia registrare uno sforzo rimanente del 43,6% può contare su un andamento positivo e su ritmi di crescita più sostenuti rispetto a quelli delle restanti regioni. Sembra difficile da raggiungere il target per la Sicilia, a cui resta ancora da compiere uno sforzo del 120%, nonostante la crescita fatta registrare dall’avvio della programmazione. In questo caso solo un investimento importante potrebbe portare l’indicatore ai livelli del resto del Paese.
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