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L’Europa spinge verso un’agricoltura sempre più “bio”

La strada è stata indicata da tempo: prima il Green Deal e poi la strategia From farm to fork (Dal produttore al consumatore) hanno indicato chiaramente che l’agricoltura europea deve spingersi verso la “sostenibilità”, per salvaguardare l’ambiente e migliorare il benessere dei cittadini.

Protagonista di questo cambiamento sarà l’agricoltura biologica, un modello di produzione che da un lato risponde ai requisiti di salubrità e compatibilità ambientale sempre più richiesti dai cittadini europei e dall’altro si poggia su un solido metodo di certificazione istituito fin dal 1991 e sul quale si sono quindi accumulati trent’anni di esperienze. Da qui la decisione di porre l’obiettivo ambizioso di arrivare entro il 2030 a destinare almeno il 25% delle superfici agricole comunitarie a produzioni certificate “biologiche” ai sensi dei regolamenti vigenti.

La portata di questo obiettivo si coglie dal confronto con la situazione attuale nella quale (dati EUROSTAT 2019) nei paesi comunitari solo l’8,5% della SAU (superficie agricola utile) è gestita con il metodo di coltivazione biologico, peraltro con differenze molto significative tra gli Stati Membri (l’Italia è in una posizione molto lusinghiera, con una SAU biologica pari al 15,2%, di gran lunga la più elevata trai paesi dell’area mediterranea).

Per promuovere questa nuova rivoluzione verde, che verosimilmente avrà impatti significativi dal punto di vista dei produttori ma anche effetti importanti sui mercati dei prodotti agricoli e, di conseguenza, sul costo della spesa alimentare dei cittadini comunitari, lo scorso aprile la Commissione europea ha presentato un “Piano d’azione per lo sviluppo della produzione biologica” (COM(2021) 141 def). Si tratta di un documento che intende garantire una crescita equilibrata del settore e soprattutto evitare che gli effetti delle strategie abbiano ripercussioni negative, come la caduta dei prezzi dei prodotti “bio” a seguito dell’aumento dell’offerta, creando un danno economico proprio ai produttori agricoli maggiormente impegnati sul fonte della qualità.

Non a caso il documento dedica il primo “asse”, dei tre dei quali è costituito, alla stimolazione della domanda di prodotti “bio” e all’acquisizione della fiducia da parte dei consumatori, mediante l’attivazione di otto azioni. Tali azioni comprendono misure di informazione e comunicazione, iniziative di promozione e sensibilizzazione dei cittadini, diffusione del biologico nelle mense pubbliche e attraverso le distribuzioni scolastiche, rafforzamento dei sistemi di controllo e contrasto alle pratiche fraudolente, potenziamento delle tecnologie per la tracciabilità (anche con l’uso della blockchain), coinvolgimento di tutti gli attori della filiera compresi dettaglianti, grossisti, ristoratori e altre imprese. Queste azioni saranno intraprese in parte con iniziative comunitarie (ad esempio l’aumento delle risorse per sensibilizzare i consumatori o la creazione e implementazione di banche dati per misurare gli effetti generati dalle azioni) e in parte con la collaborazione degli Stati Membri; a questo titolo, ad esempio, è prevista la stimolazione di appalti pubblici verdi (Green Public Procurement – GPP), la riduzione delle aliquote IVA per la frutta e la verdura biologica, la promozione di iniziative specifiche da parte di soggetti privati e pubblici.

Il secondo e il terzo asse sono invece dedicati ai produttori agricoli, incentivando la conversione delle aziende verso il metodo biologico (asse 2) e promuovendo pratiche atte a migliorare ulteriormente il contributo dell’agricoltura biologica alla sostenibilità ambientale (Asse 3). Per le azioni previste in questi assi il riferimento operativo è costituito principalmente dalla politica agricola comunitaria e dai relativi documenti programmatici. Per l’Italia questo aspetto avrà un carattere di novità, posto che con il passaggio dalla vecchia alla nuova programmazione 2021-2027 (ora 2023-2027 dopo l’introduzione del biennio di transizione) saranno abbandonati i programmi di sviluppo rurale regionali (PSR) per passare ad un unico piano strategico nazionale (PSN). All’interno del PSN dovranno quindi essere collocate misure di incentivazione a favore degli agricoltori che adotteranno pratiche e metodi di coltivazione coerenti con le finalità del Piano e meccanismi di sostegno che potranno passare anche attraverso l’innovativo sistema degli “eco-schemi”. Un maggiore dettaglio sui meccanismi collegati all’agricoltura biologica che potranno essere implementati dal PSN sarà disponibile dopo la pubblicazione dei nuovi regolamenti sulla PAC, attesi per fine giugno, al termine della presidenza portoghese del Consiglio dell’UE.

Da segnalare, infine, come il Piano faccia riferimento alla ricerca e all’innovazione come fattore chiave per vincere la sfida dell’affermazione dell’agricoltura biologica, prevedendo di destinare a tale comparto non meno del 30% delle risorse messe a disposizione nell’ambito dell’area di intervento 3 “Agricoltura, silvicoltura e zone rurali” del Cluster 6 del programma Orizzonte Europa.

Come indicato nelle “Conclusioni”, «per monitorare i progressi del Piano, la Commissione organizzerà annualmente incontri pubblici di follow-up con i rappresentanti del Parlamento europeo, degli Stati Membri, degli organi consultivi dell’Unione e dei portatori di interessi». È inoltre prevista una “revisione intermedia” del Piano nel 2024 e l’istituzione con cadenza annuale in tutta l’UE di una “Giornata della produzione biologica”.

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