Nel 2017, quando ancora nessuno avrebbe potuto prevedere il verificarsi di una crisi sanitaria mondiale come quella determinata dal COVID -19, Parlamento, Consiglio e Commissione europea riuniti a Göteborg hanno annunciato l’adozione del Pilastro europeo dei diritti sociali con la consapevolezza che un’Europa più sociale è anche un’Europa più forte. Il pilastro comprende l’enunciazione di 20 principi e diritti fondamentali della persona e mira a realizzare risultati sociali e occupazionali efficaci in risposta alle sfide attuali e future così da soddisfare i bisogni essenziali della persona con una particolare attenzione alla situazione occupazionale e sociale. Esprime principi e diritti fondamentali per assicurare l’equità e il buon funzionamento dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale nell’Europa del XXI secolo. Nel ribadire alcuni dei diritti già alla base del Trattato dell’Unione ne aggiunge di nuovi per affrontare le sfide attuali derivanti dai cambiamenti sociali, tecnologici ed economici e, soprattutto, apre la strada ad un’“Europa solidale” al suo interno e nei rapporti con gli altri Paesi. Una delle innovazioni introdotte dal pilastro è proprio il superamento del concetto della tutela dei diritti come competenza esclusivamente nazionale.
Le questioni sociali sono state anche al centro della discussione nella riunione informale dei leaders europei avvenuta, a Porto, lo scorso 7 e 8 maggio. Nel corso dell’incontro, il primo in presenza dall’inizio della pandemia, i leader europei hanno concentrato le loro discussioni su come garantire, per tutti gli Stati, una ripresa che sia realmente inclusiva in cui istruzione e competenze si pongano al centro dell’azione politica sia dell’UE che dei singoli paesi. Il vertice si è concluso con l’adozione della Dichiarazione di Porto sulle questioni sociali in cui è stato rinnovato, al livello politico più alto, l’impegno ad attuare il pilastro.
Al centro del confronto tra i leader dell’UE l’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali a livello dell’UE e nazionale che, nel periodo post pandemico, diventa quanto mai urgente e attuale dal momento che, in conseguenza della crisi epidemica le problematiche sociali e occupazionali si sono acuite in tutti gli Stati membri, così come le disuguaglianze già esistenti si sono ampliate e ne sono venute alla luce di nuove, gravando ulteriormente sul futuro delle nuove generazioni.
Naturalmente affinché i principi e i diritti statuiti dal pilastro siano applicabili e giuridicamente vincolanti, è necessario che siano adottate misure specifiche o atti normativi al livello appropriato. La realizzazione degli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali, infatti, dipende dalla determinazione e dall’azione degli Stati membri che restano i principali responsabili in tema di occupazione, competenze e politiche sociali tenendo conto dei diversi contesti socioeconomici e della diversità dei sistemi nazionali, compreso il ruolo delle parti sociali, e nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. A livello dell’Unione il pilastro europeo dei diritti sociali non comporta, pertanto, un ampliamento delle competenze e dei compiti dell’Unione conferiti dai trattati e dovrebbe essere attuato entro i limiti di tali poteri.
Ciò non toglie che la Commissione europea, nel proprio ruolo propulsivo ed esecutivo, si sia fatta protagonista della promozione dei principi del pilastro europeo e della relativa attuazione. Infatti, ha già presentato diverse azioni basate su ciascun principio del pilastro e ne prevede altre per rafforzare ulteriormente i diritti sociali nell’UE. Attraverso la definizione di un Piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali la Commissione ha, poi, definito una serie di iniziative concrete per conseguire gli obiettivi del pilastro, nella consapevolezza che la piena realizzazione dei principi dello stesso richiede uno sforzo collettivo delle istituzioni europee, degli enti nazionali, regionali e locali, delle parti sociali e della società civile.
Il piano d’azione si basa su una consultazione avviata dalla Commissione circa un anno fa e nell’ambito della quale sono stati raccolti contributi di cittadini, istituzioni e organismi dell’UE, Stati membri, autorità regionali e locali, parti sociali e organizzazioni della società civile. Esso definisce una serie di misure dell’UE che la Commissione si è impegnata ad adottare durante l’attuale mandato, in continuità con le azioni già intraprese dopo la proclamazione del pilastro europeo dei diritti sociali a Göteborg. Propone, inoltre, tre obiettivi a livello dell’UE da raggiungere entro il 2030, che contribuiranno a orientare le politiche e le riforme nazionali e che si integrano con gli Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite:
Obiettivo n. 1: almeno il 78% della popolazione compresa tra i 20 e i 64 anni deve avere un’occupazione entro il 2030: la Commissione indica che a fine 2019 la percentuale degli occupati era al 73% con una sensibile differenziazione di genere: 78,3% uomini e 66,6% donne. La situazione post Covid risulta peggiorata, per cui il raggiungimento del target richiederà anche di recuperare i danni occupazionali determinati dalla crisi, anche attraverso le seguenti misure:
- ridurre al minimo alla metà il divario di genere nei livelli d’occupazione;
- accrescere la disponibilità per tutti di servizi di educazione e cura per la prima infanzia;
- ridurre la percentuale dei giovani tra i 15 e i 29 anni, né occupati, né in istruzione o formazione (i cosiddetti Neet) dal 12,6% (al 2019) al 9%.
Obiettivo n.2: almeno il 60% della popolazione adulta deve partecipare a un corso di formazione ogni anno: secondo i dati della Commissione nel 2016 solo il 37% degli adulti partecipava ogni anno ad attività di apprendimento. Per gli adulti scarsamente qualificati questo tasso ha raggiunto solo il 18%. Nel 2019, il 10,2% dei giovani ha lasciato l’istruzione e la formazione, in particolare nell’istruzione secondaria inferiore, e non è più stato coinvolto in attività di istruzione e formazione. Questi dati peggiorano a causa della crisi. Occorre pertanto intensificare gli sforzi per ridurre l’abbandono scolastico, migliorare i livelli di rendimento nell’istruzione e nella formazione di base e aumentare la partecipazione degli adulti alla formazione. La Commissione richiama le iniziative già adottate nel 2020, e segnatamente l’Agenda europea per le competenze, il piano d’azione per l’educazione digitale e il target almeno 80% delle persone tra i 16-74 anni devono avere competenze digitali di base, quale precondizione per partecipare al mercato del lavoro e alla vita sociale in un’Europa sempre più digitalizzata.
Obiettivo n.3: il numero delle persone a rischio povertà deve essere contenuto entro i 15 milioni di persone al 2030: la Commissione indica il dato di partenza di 91 milioni di persone a rischio povertà nel 2019 in Ue. Il target 15 milioni deve recuperare l’incremento negativo ulteriore determinato dal Covid.
Particolare attenzione è dedicata dalla Commissione alla situazione dei bambini in povertà: l’attenzione ai bambini consentirà non solo di fornire loro l’accesso a nuove opportunità, ma contribuirà anche a spezzare il ciclo intergenerazionale della povertà, prevenendo che diventino adulti a rischio di povertà o esclusione sociale e producendo così effetti sistemici a lungo termine.
Tra le misure richiamate nel piano ci sono a strategia per i diritti dei bambini, adottata il 24 marzo 2021 dalla Commissione e una raccomandazione agli Stati membri per l’istituzione di una garanzia per l’infanzia, al fine di assicurare che i bambini a rischio di povertà ed esclusione sociale abbiano accesso effettivo a servizi chiave come l’assistenza sanitaria e l’istruzione. A queste si aggiungono una raccomandazione del Consiglio per un reddito minimo da adottare nel 2022 per supportare e meglio indirizzare le iniziative già intraprese dagli Stati membri, e il lancio di una piattaforma per i senzatetto per sostenere gli Stati membri e le città nella condivisione delle migliori pratiche e nell’identificazione di approcci efficienti e innovativi. Nel 2022 la Commissione presenterà un rapporto sull’accesso ai servizi essenziali.
Sebbene la maggior parte degli strumenti per raggiungere gli obiettivi dell’UE sia di competenza degli Stati membri, tali obiettivi riflettono un’ambizione comune per il 2030. Insieme a quanto sancito nei principi del pilastro, al sostegno finanziario del quadro finanziario pluriennale (QFP) per il periodo 2021-2027 e al programma Next Generation EU, gli obiettivi individuati dal piano d’azione dovranno guidare gli sforzi congiunti delle Istituzioni europee e dei singoli Stati verso un’Europa sociale forte e il raggiungimento di un impatto sostenibile. Integrando gli ambiziosi traguardi per la transizione verde e digitale, gli obiettivi sociali contribuiranno a concentrare gli sforzi strategici sul conseguimento dei risultati e costituiranno un importante incentivo per le riforme e gli investimenti negli Stati membri.
In questo senso i contenuti del piano d’azione rappresentano a tutti gli effetti un nuovo riferimento anche per la predisposizione e l’attuazione dei PNRR orientandone le decisioni strategiche per gli Stati membri e le loro regioni, nonché, nel contesto della programmazione dei fondi previsti dalla politica di coesione per il periodo 2021-2027. I fondi della politica di coesione continueranno ad essere, infatti, il principale motore per la realizzazione degli obiettivi del pilastro sia nell’ambito delle iniziative promosse per far fronte alle conseguenze della crisi, sia nell’attuazione del bilancio ordinario attraverso i fondi per la coesione.
Ed infatti il FSE+ continuerà a essere il principale strumento per sostenere l’attuazione del pilastro sociale e conseguire i tre obiettivi principali proposti dall’UE. L’attuazione dei principi del pilastro sociale e le sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese adottate nel contesto del semestre europeo costituiranno la base per la preparazione dei programmi operativi del FSE+ da parte degli Stati membri ed a tale fine è prevista una specifica regola di concentrazione di risorse a livello di singolo Stato membro, ma anche gli altri fondi potranno essere impiegati per l’attuazione del pilastro. Il FESR, ad esempio, finanzierà infrastrutture e attrezzature per l’occupazione, l’istruzione, la formazione e i servizi sociali. Il Fondo per una transizione giusta sosterrà lo sviluppo delle competenze nelle regioni che affrontano sfide socioeconomiche più impegnative derivanti dalla transizione climatica. La riserva di adeguamento alla Brexit contribuirà a contrastare le conseguenze economiche e sociali negative dell’uscita del Regno Unito dall’UE. Nell’ambito di REACT-EU è previsto lo stanziamento di 47,5 miliardi di EUR di finanziamenti supplementari nel 2021 e nel 2022 per colmare il divario tra la prima risposta di emergenza alla pandemia e la ripresa a lungo termine dell’economia. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione continuerà a sostenere i lavoratori che perdono il lavoro a causa della ristrutturazione. Erasmus+ mobiliterà i settori dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport per una rapida ripresa e la crescita futura e promuoverà le competenze verdi e digitali. Lo strumento di sostegno tecnico migliorerà la capacità amministrativa dei governi e delle pubbliche amministrazioni di realizzare riforme nell’ambito di ciascuno dei tre obiettivi principali per il 2030 in materia di occupazione, competenze e inclusione sociale. InvestEU incoraggerà gli investimenti privati che contribuiscono agli obiettivi sociali così come Orizzonte Europa, il più grande e ambizioso programma di ricerca e innovazione della storia, mira a sua volta a sviluppare nuove tecnologie, trasformazioni economiche e sociali innovative e politiche e investimenti di accompagnamento o abilitanti, anche per rafforzare la resilienza e la sostenibilità sociale ed economica. Il nuovo programma EU4Health per il periodo 2021-2027, con un bilancio di 5,1 miliardi di EUR, sosterrà la creazione di sistemi sanitari resilienti nell’UE per dotarci meglio di mezzi per il futuro. Il Fondo Asilo, migrazione e integrazione sosterrà l’integrazione e l’inclusione dei migranti.
Quello appena descritto costituisce il quadro strategico dell’UE in ambito sociale e comprende gli strumenti, anche di natura finanziaria, a disposizione Stati membri, per intervenire nei propri contesti per colmare divari e recuperare i ritardi che, in alcuni paesi, come il nostro, rischiano di compromettere definitivamente una ripresa efficace e sostenibile. L’Italia, per adesso soltanto da un punto di vista formale, con la notifica del Piano Nazionale di Ripresa e resilienza (PNRR), ha avviato un percorso, anche di riforma, in alcuni ambiti del pilastro sociale europeo ma le sfide restano ancora numerose e richiedono un maggiore sforzo di visione e di condivisione verso il futuro del nostro paese quale Stato membro a tutti gli effetti di una nuova Europa Più Sociale.
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