Con la Nuova Strategia dell’UE per le Foreste per il 2030 l’UE si impegna a piantare 3 miliardi di alberi in più entro il 2030 con l’obiettivo di incrementare la foresta e gli alberi che ricoprono l’UE, aumentare la resilienza delle foreste e la loro funzione di invertire la perdita di biodiversità nonché mitigare e aiutare le popolazioni a adattarsi ai cambiamenti climatici.
Le misure previste mirano pertanto non solo a rafforzare la protezione delle foreste nell’UE, ma anche e soprattutto alla loro ricostituzione: la strategia è estendere le foreste, procedere all’imboschimento e ridurre la deforestazione, renderle più sane e diversificate, tutto al fine di favorire una bioeconomia realmente sostenibile e circolare.
Ma cosa si intende per bioeconomia sostenibile e circolare nella gestione forestale?
Vari studi degli ultimi anni hanno analizzato la filiera foresta/legno attraverso l’approccio della bioeconomia circolare, ed hanno studiato la lavorazione del legno e le emissioni di CO2 che derivano dal suo processo produttivo.
In molti settori l’utilizzo del legno permette di ridurre in modo significativo le emissioni di CO2 in atmosfera se impiegato al posto di materiali che per essere prodotti generano più emissioni di CO2 a parità di peso e caratteristiche.
I prodotti forestali ottenuti in modo sostenibile e a lungo ciclo di vita, attraverso lo stoccaggio della CO2 e la sostituzione di materiali non rinnovabili, possono infatti contribuire in maniera significativa
al raggiungimento della neutralità climatica: il legno impiegato in sostituzione continua a trattenere a lungo il carbonio che ha immagazzinato durante il suo ciclo vitale, se prelevato in maniera responsabile, ha quindi un’impronta di CO2 molto più bassa del materiale che sostituisce.
Come si sa il legno è un “pozzo” di assorbimento di carbonio ma l’anidride carbonica viene rilasciata nell’atmosfera nel momento in cui il prodotto legnoso “muore” (quando l’albero viene abbattuto, incendiato o nel processo di decomposizione naturale): allungando il ciclo di vita del prodotto, si allunga il periodo di assorbimento della CO2.
Questo significa che occorre utilizzare il legno ed altri biomateriali per oggetti e prodotti che durano nel tempo, come ad esempio mobili, libri, costruzioni in legno, e così via, a maggior ragione se questi sostituiscono gli stessi oggetti di origine fossile.
In considerazione di quanto affermato, è evidente l’importanza che assume in tutto ciò il settore edile: se si incentiva l’utilizzo dei prodotti in legno (attualmente pari al 3% dei materiali da costruzione) in sostituzione di quelli fossili nel settore edile, si trasforma quest’ultimo da fonte di emissioni di gas a effetto serra in un pozzo di assorbimento del carbonio.A fare da apripista in questa direzione è il nuovo Bauhaus europeo il quale, ispirato ai principi della Bauhaus di Gropius, coinvolge le imprese edili in un flusso di nuove costruzioni e ristrutturazioni in tutta Europa basato sull’economia circolare e su un futuro sostenibile che crei un dialogo fra gli ambienti nei quali viviamo e il futuro del pianeta.
È inoltre necessario sostenere la bioenergia forestale: la bioenergia ottenuta dal legno costituisce attualmente la principale fonte di energia rinnovabile e nell’ambito delle energie rinnovabili l’uso di biomassa legnosa è aumentata di circa il 20% negli ultimi 2 anni. Inoltre, le nuove tecnologie hanno consentito di utilizzare i prodotti legnosi anche nella produzione di biomasse legnose ad uso energetico, come ad esempio l’introduzione dei pellet nel riscaldamento civile e industriale.
Anche quando si assiste a opere di deforestazione le foreste diventano fonte di gas serra, alimentando, quindi, l’inquinamento atmosferico.
A tal proposito, nel secondo giorno della Cop26 di Glasgow i leader Paesi che ospitano l’85% delle foreste del mondo hanno stipulato un accordo per fermare la deforestazione entro il 2030. Per realizzare questo obiettivo, 11 Paesi del mondo occidentale e tutta l‘Unione Europea, oltre ad aver messo a disposizione 12 miliardi di dollari, si sono impegnati su una serie di azioni atte a conservare le foreste e il loro ruolo di sink, cioè di assorbitori di anidride carbonica ed a sostenere le popolazioni indigene e le comunità locali nel loro ruolo di custodi delle foreste e della natura.
Inoltre, molte aziende multinazionali si sono impegnate a ripulire le proprie filiere commerciali da prodotti a rischio di deforestazione. Non dobbiamo infatti dimenticare che molti dei prodotti utilizzati nei paesi occidentali, fra cui l’Europa, sono fra le maggiori cause di deforestazione: quando nei grandi supermercati compriamo carne bovina (prima causa) a basso prezzo, cosmetici e alimenti contenenti soia (seconda causa) o olio di palma, caffè, cacao, mobili pregiati, siamo inconsapevolmente complici della deforestazione.
La stessa Ursula von der Leyen ha affermato “…. i consumatori europei non vogliono più comprare prodotti responsabili della deforestazione o del degrado forestale. Per questo proporremo presto un regolamento per affrontare la deforestazione globale provocata dall’UE. Merci e prodotti immessi sul nostro mercato non dovranno più portare alla deforestazione.”
Come detto in precedenza, l’UE prevede l’impegno a piantare almeno tre miliardi di nuovi alberi entro il 2030 nel pieno rispetto dei principi ecologici: la strategia comprende una tabella di marcia per l’attuazione dell’impegno basato sul principio generale di piantare e far crescere l’albero giusto al posto giusto e per lo scopo giusto.Tutti i cittadini europei avranno la possibilità di seguire e tenere traccia della messa a dimora degli alberi attraverso un sito web ed una mappa online interattiva con un contatore integrato “Map-My-Tree” sviluppato dalla Commissione Europea insieme all’Agenzia Europea dell’Ambiente. E intanto la Commissione, lo scorso 2 novembre, ha già stanziato 1 mld di euro per proteggere le foreste nel mondo di cui 250 milioni di € saranno destinati al bacino del Congo che si estende su otto paesi (Camerun, Repubblica centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Repubblica del Congo, Guinea equatoriale, Gabon, Burundi e Ruanda) per proteggere la seconda regione di foresta pluviale tropicale al mondo e migliorare nel contempo i mezzi di sostentamento della popolazione locale
Se consideriamo il fatto che un’alta percentuale delle foreste è di proprietari privati (nell’UE sono circa 16 milioni), la nuova strategia deve anche in qualche modo incentivare questi ultimi a prendersi cura di esse non solo dal punto di vista economico, ma anche motivandoli e coinvolgendoli nella realizzazione di tale obiettivo.
I gestori delle foreste si devono convincere che adottare pratiche di gestione rispettose della biodiversità e una silvicoltura sempre più resiliente ai cambiamenti climatici comporta anche una grande opportunità economica: secondo il Forum economico mondiale, entro il 2030 la conservazione, la ricostituzione e la gestione sostenibile delle foreste potrebbero generare 190 miliardi di EUR di opportunità commerciali e 16 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo.
Così come le aziende di trasformazione e le industrie del legno dovrebbero essere incentivate ad adattarsi alla diversificazione delle risorse forestali e dovrebbero essere sostenute economicamente al fine di coprire i costi ed eventuali perdite di reddito.
Infine, la Commissione adotterà l’iniziativa per il sequestro del carbonio nei suoli agricoli, annunciata nella strategia “Dal produttore al consumatore”, mirante a promuovere ulteriormente un nuovo modello imprenditoriale verde che premierà le pratiche rispettose del clima e dell’ambiente attuate dai gestori del territorio, in particolare i gestori e proprietari di foreste, in funzione dei benefici climatici apportati.
Per raggiungere l’obiettivo anche noi dobbiamo fare la nostra parte, dal momento in cui acquistiamo a quello che mettiamo a tavola, attraverso un’alimentazione sana, evitando un eccessivo consumo di carne, evitando i pesticidi, utilizzando energie rinnovabili e tutto quanto possa essere di aiuto in questo lungo cammino verso un pianeta più vivibile.
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