Qualunque cosa sogni di intraprendere, cominciala.
Johann Wolfgang Goethe
In un mondo preso da sfide geopolitiche da capogiro, stretto da un lato nella tenaglia dell’emergenza climatica e liberato dall’altro sull’orrido vertiginoso di una inedita rivoluzione tecnologica – che se solo già interpretata in chiave di etica intergenerazionale fa tremare le vene dei polsi – si schiudono, per fortuna, davanti ai nostri occhi, notizie amene ed esempi di potere illuminato in grado di attrarre al servizio della politica anche i più pessimisti e delusi cittadini.
La notizia che in questi mesi sta facendo il giro del mondo ha ad oggetto un progetto di sperimentazione dell’auto a guida autonoma e intelligente, e più in generale il tema di grande attualità inerente allo sviluppo delle smart cities di cui la smart mobility costituisce insieme alla presupposta rigenerazione urbana senza dubbio un pilastro fondamentale della città del futuro.
La notizia sarebbe probabilmente secondaria se non fosse che la sperimentazione in parola, e i significativi investimenti che su di essa sono stati accantonati, non vien da New York, Dubai, Londra, o magari Milano, ma da Lioni.
No, non c’è alcun refuso e non siamo in Francia, bensì in un piccolo luogo dell’Italia meridionale che guarda ad occidente l’heritage culturale della costiera amalfitana, e ad oriente la costiera garganica e salentina.
Proprio qui, in questo piccolo Comune nella provincia di Avellino, tra le valli dell’Ofanto e del Calore, a soli pochi kilometri dal ben più noto Nusco, borgo tra i più belli d’Italia, un imprenditore dall’ingegno linceo e dalla impareggiabili qualità manageriali ha proposto e favorito quell’idea che già altrove ho voluto definire di risemantizzazione della fragilità per catalogare quell’approccio non solo banalmente etico, ma anche diligentemente utilitaristico che ben lungi dal trastullarsi nel crogiolo di una abbacinante retorica dell’abbandono, poetica quanto si vuole, ma spesso destinata a ristagnare nelle spire mortifere della contemplazione, sa per converso, fare dello scarto uno scatto, cioè una differenza in grado di proiettare traiettorie inaspettate, e per taluni versi evenemenziali, ai territori più emarginati.
Tale è la postura che va senz’altro riconosciuta innanzitutto a Paolo Scudieri, eccellenza intellettuale e operativa del nostro Paese, nonché al governatore della Campania Vincenzo De Luca che con il suo consueto timbro deterministico ha senza indugio saputo suggellare con il suo placet una semina che darà molto frutto.
Ovviamente, con il merito, in pari grado, di tutte le altre autorità e personalità politiche, e non solo, che al progetto stanno lavorando alacremente nello spirito di un encomiabile gioco di squadra.
La scelta merita di essere posta con particolare attenzione sotto i riflettori perché è la prova di quanto le soluzioni e le idee imprenditoriali possano cambiare il corso della storia dal momento in cui si alleano mentalmente con il gesto filosofico.
Il Borgo 4.0, da questo punto di vista, va difatti encomiato non tanto e non solo per le ragioni strettamente tecnico-scientifiche e i risultati che sicuramente riuscirà a consegnare alla storia, quanto piuttosto per la spinta alla coesione sociale cui apertamente fa appello e a cui, palesemente, uno sforzo del genere non può non guardare come si guarda ad uno di quei prioritari desideri che se ieri hanno consentito di portare Nusco ad essere il balcone dell’Irpinia, a maggior ragione consentiranno oggi di portare Lioni ad essere il balcone del mondo.
L’operazione nel suo complesso è molto delicata e al tempo stesso economicamente impegnativa. Si tratta, infatti, di un investimento della Regione Campania di 46 milioni di euro (dei circa 75 complessivi) che ha favorito la costituzione di un consorzio di imprese e università cui sarà demandato il compito sia di monitorare le evoluzioni sia di approfondire e sviluppare i tanti studi che già si hanno a disposizione sulle auto intelligenti e, più in generale, sulla mobilità smart.
Un progetto di notevole caratura scientifica e culturale che vedrà Lioni tra i protagonisti della sperimentazione cui si affiancheranno, tuttavia, anche Salerno per le tecnologie, San Nicola per la strada, e il circuito di Ottaviano per i primi drive test cui a seguire faranno da eco le prove sul circuito urbano del centro altirpino.
È evidente come questo progetto diventerà nel giro di poco tempo un fior all’occhiello per tutto il Sud, e non solo, se si pensa al valore che lo stesso è in effetti in grado di generare, anche in un’ottica di tutela intergenerazionale, sia sotto il versante della transizione ecologica e digitale, da un lato; sia sotto quello della rigenerazione urbana e quindi della valorizzazione dei luoghi più isolati dall’altro, i quali, se correttamente risignificati, come in questo contesto, potranno di certo ambire ad essere delle formidabili vetrine di opportunità internazionali.
Inutile evidenziare che la guida assistita, o intelligente che dir si voglia, è solo un cupreo riflesso di un più sfaccettato caleidoscopio di luminosità, ed è solo l’occasione per mettere in pista, tanto per dirla con una metafora pertinente con il tema, i diversi vettori/cluster su cui si stanno da tempo sperimentando le smart cities più all’avanguardia del globo, vale a dire:
a) sostenibilità̀, ovvero trasporto, energia, ambiente, e metabolismo urbano;
b) resilienza, ovvero la capacità di governare i processi di stress derivanti dai più svariati eventi, soprattutto nei territori esposti ai maggiori rischi sismici ed idrogeologici come quelli qui menzionati;
c) accessibilità̀, facilità di accesso alle reti di comunicazione fissa e mobile, e 5G;
d) inclusività̀, e quindi la possibilità̀ di partecipare da parte dei cittadini alle scelte urbanistiche.
D’altronde, se ci pensiamo, per sua natura proprio il tema della smart mobility e della guida autonoma in particolare, appare principalmente idoneo a favorire una dinamica olistica tra ambiente e tecnologia.
Unitamente ai più specifici progetti di innovazione derivata che la sperimentazione consentirà di validare, non vi è dubbio che è proprio questo peculiare matching tra ambiente e tecnologia a conferire un’impronta decisamente evenemenziale all’idea favorita da Paolo Scudieri. Infatti, la sperimentazione della guida intelligente sarà solo il mezzo, a mio avviso, di una più complessa supply chain che avrà, con ogni evidenza, come suo fine la bellezza utile, vale a dire la possibilità di prelevare una nuova luce dai tanti spazi deterritorializzati del nostro Paese così da poter conferire agli stessi l’agio di articolarsi non soltanto come sospesi alfabeti emotivi, ma anche come mappe strategiche dello sviluppo, quindi come mondi nel mondo con cui relazionarsi economicamente.
L’iniziativa andrà, per tali ragioni, senz’altro seguita e replicata, ma non tanto nei contenuti – evidentemente – quanto piuttosto nello spirito, se è vero, come è vero, che essa, prima di ogni altra cosa, ci insegna più che mai ai tempi del Pnrr, che i grandi interessi sono sempre al servizio di quelli più piccoli, e che talvolta gli ultimi possono davvero diventare i primi, se non grazie alle liturgie dell’amore, magari grazie alle genealogie dell’egoismo, il quale, lungi dal confondersi con l’avidità, può realisticamente partorire di tutto – persino la più virtuosa delle solidarietà.
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