Nel mito greco il titano Prometeo ruba il fuoco a Zeus per donarlo all’umanità, che si trova così tra le mani una fonte di energia ben più grande della forza delle braccia. I mortali potranno cuocere la carne, fondere metalli e forgiare utensili, armi e gioielli, ma presto scopriranno anche che amministrare quel dono non è facile. Come sostiene Vaclav Smil – professore emerito della Manitoba University (Canada), studioso dei modelli di sviluppo e storico della tecnologia – nel suo libro Energia e civiltà. Una storia (Hoepli), «L’energia è l’unica moneta universale».
Il mercato dell’energia anticamente non offriva molta varietà, il cocktail energetico antico prevedeva acqua e vento. I Romani conoscevano la ruota idraulica, evoluzione di invenzioni egizie e greche, ma la usarono poco. I mulini a vento, comuni tra Persia e Afghanistan nella tarda antichità, spuntarono in Europa dopo il IX secolo, per merito anche degli Arabi, e azionavano macine e pompe idrauliche: fu grazie ai mulini a vento che gli olandesi prosciugarono i polder nel Seicento. Si potrebbe essere tentati di paragonare le fonti di energia rinnovabili oggi più promettenti, come l’eolica, a questi antichi precedenti, in effetti, benché differenti nella tipologia di energia prodotta, come precisa Grazia Pagnotta, docente di Storia dell’ambiente all’Università di Roma Tre e autrice del saggio Prometeo a Fukushima (Einaudi), «Possiamo però trovare un’analogia nella proprietà di queste fonti. Al contrario dei terreni sui quali passavano i fiumi che muovevano i mulini ad acqua, il vento non appartiene a nessuno; e infatti la diffusione dei mulini a vento ridusse conflitti e tensioni sociali nell’Europa medievale. Oggi petrolio, gas naturale e carbone sono risorse estratte da terreni di proprietà, mentre per il vento si considera soltanto la proprietà del luogo dove installare le pale e non quella della fonte di energia in sé»
Reperibilità, costo, facilità d’uso ed efficienza sono criteri comuni a tutte le epoche e civiltà, quando si tratta di energia. in particolare, è la reperibilità che ne determina il valore e come prevedibile, la competizione energetica si trasforma in conflitto. Nella Guerra franco-prussiana (1870-71) e nella Prima guerra mondiale (1914-18) la posta in gioco erano le miniere di carbone della Ruhr e della Saar, che alimentavano gli altiforni della siderurgia. Passò invece un intero secolo prima che il petrolio scatenasse una crisi internazionale, a Suez nel 1956, quando inglesi e francesi tentarono inutilmente di fermare la nazionalizzazione egiziana del canale dove transitava il greggio del Medio Oriente.
Dalla crisi di Suez ai nostri giorni, la lista delle guerre del greggio è lunga: Medio Oriente, Caucaso, Asia Centrale, Sud America… Ancora oggi circa l’80% dell’energia primaria del mondo viene da combustibili fossili (petrolio, gas naturale e carbone), in attesa che si compia la transizione energetica iniziata nel 1954, anno della prima cella fotovoltaica capace di convertire la luce del Sole in elettricità.
La Guerra Russia Ucraina, come è noto oltre a portare i prezzi dei prodotti energetici su livelli record, sta facendo aumentare notevolmente il costo di altre materie prime, dai metalli all’alimentare, effetti non ancora incorporati negli indici dei prezzi al consumo che già a febbraio segnavano un aumento su base annua del 7,9% negli Usa e del 5,8% nell’area euro. Un’ulteriore pressione sui prezzi al consumo rischia di essere esercitata dalla transizione energetica: eliminare carbone e combustibili fossili dalle fonti energetiche ha un prezzo, altro aspetto inizialmente sottovalutato.
Nonostante il contesto per nulla confortante, il report dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, diffuso il mese di maggio, incentrato esclusivamente sulle rinnovabili, riporta qualche buona notizia che lascia ben sperare.
Secondo l’AIE, infatti, “nel 2021 la nuova capacità di generazione di energia elettrica da fonte solare, eolica e da altre fonti rinnovabili ha raggiunto un livello record in tutto il mondo e crescerà ulteriormente quest’anno, al netto della narrazione dominante per cui le rinnovabili da sole non bastano a soddisfare i bisogni energetici del mondo, le energie green continuano a crescere. I numeri forniti dall’Agenzia Internazionale dell’Energia sono impressionanti. “Nel 2021 il mondo ha aggiunto una capacità record di 295 gigawatt di nuove energie rinnovabili – si legge nel report – superando le sfide della catena di approvvigionamento, i ritardi nella costruzione e gli alti prezzi delle materie prime. Si prevede che le aggiunte di capacità globale salgano quest’anno a 320 gigawatt, pari a una quantità che si avvicinerebbe a soddisfare l’intera domanda di elettricità della Germania o a eguagliare la produzione totale di elettricità dell’Unione Europea da gas naturale. Il solare fotovoltaico è destinato a rappresentare il 60% della crescita globale di energia rinnovabile nel 2022, seguito dall’eolico e dall’idroelettrico”.
Basta poco, però, a frenare gli entusiasmi. “In base alle attuali impostazioni politiche – precisa, infatti, l’Agenzia – la crescita globale delle energie rinnovabili è destinata a perdere slancio l’anno prossimo. In assenza di politiche più incisive, si prevede che la quantità di capacità di energia rinnovabile raggiunta a livello mondiale si stabilizzerà nel 2023, poiché i continui progressi del solare saranno compensati da un calo del 40% nell’espansione dell’energia idroelettrica e da pochi cambiamenti nelle aggiunte di energia eolica”.
Le conclusioni del report sono comunque incoraggianti, benché si preveda che i costi di installazione degli impianti fotovoltaici ed eolici rimarranno superiori ai livelli pre-pandemia per tutto il 2022 e il 2023 a causa degli elevati prezzi delle materie prime e dei trasporti, questi impianti rimangono competitivi a causa dell’aumento assai più rapido dei prezzi del gas naturale e di altri combustibili fossili alternativi.
In particolare, l’eolico e il solare fotovoltaico hanno il potenziale per ridurre la dipendenza del settore energetico dell’Unione Europea dalla dipendenza dal gas naturale della Russia entro il 2023. Si prevede che la capacità rinnovabile aumenti ulteriormente di oltre l’8% nel 2022, raggiungendo quasi 320 GW. Tuttavia, a meno che non vengano attuate rapidamente nuove politiche, la crescita rimarrà stabile nel 2023 perché l’espansione del solare fotovoltaico non può compensare completamente l’energia idroelettrica e i rallentamenti dell’eolico. In definitiva, le previsioni dei mercati delle rinnovabili per il 2023 e oltre dipenderanno dall’introduzione e dall’attuazione di nuove e più incisive politiche nei prossimi sei mesi.
REPowerEU Plan
Il 18 maggio scorso la Commissione europea ha presentato il piano REPowerEU, la sua risposta alle difficoltà e alle perturbazioni del mercato mondiale dell’energia causate dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il REPowerEU Plan si pone, tra gli altri, l’obiettivo di accelerare la diffusione delle energie rinnovabili.
Una massiccia espansione e accelerazione delle energie rinnovabili nella generazione di energia elettrica, nell’industria, nell’edilizia e nei trasporti ci consentirà di conseguire l’indipendenza più in fretta, darà impulso alla transizione verde e abbasserà i prezzi nel tempo. Questa maggiore ambizione generale getterà le basi per altre iniziative, tra cui:
- una strategia dell’UE per l’energia solare volta a raddoppiare la capacità solare fotovoltaica entro il 2025 e installare 600 GW entro il 2030;
- un’iniziativa per i pannelli solari sui tetti con l’introduzione graduale di un obbligo giuridico di installare pannelli solari sui nuovi edifici pubblici, commerciali e residenziali;
- il raddoppio del tasso di diffusione delle pompe di calore unito a misure per integrare l’energia geotermica e termosolare nei sistemi di teleriscaldamento e di riscaldamento collettivo;
- una raccomandazione della Commissione per affrontare la lentezza e la complessità delle procedure di autorizzazione per i grandi progetti in materia di rinnovabili e una modifica mirata della direttiva sulle energie rinnovabili affinché queste ultime siano riconosciute come interesse pubblico prevalente;
- la definizione di un obiettivo di 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile prodotto internamente e 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile importato entro il 2030 per sostituire gas naturale, carbone e petrolio nei trasporti e nei settori industriali difficili da decarbonizzare;
- un piano di azione per il biometano, che definisce strumenti, tra cui un nuovo partenariato industriale per il biometano e incentivi finanziari per portare la produzione a 35 miliardi di metri cubi entro il 2030, anche attraverso la politica agricola comune.
Per il testo completo al link https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_22_3131
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