In considerazione della scarsa diffusione in Italia, rispetto ad altri Paesi europei, delle operazioni di partenariato pubblico privato e del numero rilevante di operazioni che non hanno buon esito, questo articolo intercetta le criticità rilevate con riferimento alla sua applicazione
Sebbene l’istituto del Partenariato Pubblico Privato fosse già disciplinato nel precedente codice degli appalti (Dlgs n. 163/2006) le operazioni che sono state attuate con tale strumento sul territorio nazionale sono decisamente poco numerose a causa di diverse problematiche insite nella stessa disciplina de iure condendo. L’Autorità Nazionale Anticorruzione, con delibera N. 219 del 16 marzo 2021, ha inteso evidenziare le criticità emerse con maggiore frequenza nell’applicazione del Partenariato Pubblico Privato (PPP), la cui definizione è riportata sia nell’art. 3, comma 1, lettera eee) sia nel comma 1, dell’art. 180 del Dlgs n. 50/2016. Diverse sono risultate le criticità connesse al PPP, in particolare quando i progetti risultavano complessi e articolati e quando l’Amministrazione interessata era di dimensioni ridotte o non aveva una pregressa e consolidata competenza in materia. È emerso che alcune delle problematiche riscontrate avrebbero potuto essere evitate se si fossero tenute nella dovuta considerazione le puntuali indicazioni contenute, nelle Linee Guida n. 9, in particolare riguardo all’allocazione dei rischi e all’elaborazione della relativa matrice, nonché nello schema di “Contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche a diretto utilizzo della Pubblica Amministrazione, da realizzare in partenariato pubblico privato”. È stato riscontrato, inoltre, che gli enti concedenti non sempre si sono rivolte al DIPE (Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per un ausilio, anche in casi in cui si è poi rivelata esservene la necessità. Le Linee Guida n. 9 definiscono le modalità con le quali gli enti concedenti, attraverso sistemi di monitoraggio, esercitano il controllo sull’attività dell’operatore economico (partner privato in un contratto di PPP), verificando in particolare la permanenza in capo allo stesso dei rischi trasferiti.
Il Codice dei contratti (D.lgs 50/2016) tratta l’argomento del partenariato nel Titolo I della Parte IV. Alcune delle principali caratteristiche che contraddistinguono il PPP sono:
- Durata relativamente lunga della collaborazione pubblico-privata;
- Modalità di finanziamento prevalentemente privato;
- Ruolo strategico del privato e rilevante in ogni fase del progetto (il partner pubblico si concentra invece, principalmente, sulla definizione degli obiettivi da raggiungere in termini di interesse pubblico, di qualità dei servizi offerti);
- Ripartizione del rischio dell’attività tra soggetto pubblico e privato
Considerate le forme contrattuali previste dal Dlgs n. 50/2016, ossia: la finanza di progetto, la concessione di costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità, i settori nei quali si è principalmente affermato questo modello di affidamento sono stati: la realizzazione e gestione di cimiteri; i lavori per la realizzazione e gestione di impianti sportivi; la realizzazione e gestione di parcheggi; i servizi di illuminazione pubblica e teleriscaldamento, le infrastrutture stradali e la realizzazione e gestione di nuovi ospedali, questi ultimi rilevano opere di maggior impatto economico. Nel 2021 il settore dell’energia ha fatto registrare un importante incremento del numero dei bandi e dell’importo.
Nella casistica analizzata dall’Autorità, si è verificata, talvolta, una scarsa o superficiale analisi preventiva dei rischi, insiti nei diversi interventi, riscontrando matrici di rischi approssimative o con rinvii a documenti di gara del tutto inconferenti. Inoltre, è stato spesso riscontrato che, proprio in sede di analisi e ripartizione dei rischi, l’Amministrazione abbia consentito l’inserimento di clausole contrattuali che limitavano le conseguenze negative derivanti dal verificarsi di rischi, anche nelle ipotesi in cui gli stessi siano, solo sulla carta, posti in capo al concessionario.
Nella fase progettuale degli interventi è stato riscontato uno scarso ricorso all’istituto del dibattito pubblico, disciplinato in via generale dall’art. 22 del codice degli appalti, o talvolta un impiego distorto di esso, che, lungi dal determinare un aggravio del procedimento, ha il pregio di assicurare che la trattazione di ogni preliminare esigenza o opposizione della comunità interessata dall’intervento, si esaurisca in una fase antecedente all’avvio della procedura di aggiudicazione. È emerso, infatti, in diverse istruttorie svolte dall’Autorità, che la mancata consultazione della cittadinanza nella fase preliminare della definizione dell’intervento non ha consentito alla stazione appaltante di valutare criticità che sono emerse solo dopo l’aggiudicazione, anche in seguito alle rimostranze delle associazioni dei cittadini interessati, con il conseguente rallentamento dei tempi di esecuzione ed il ricorso a sostanziali modifiche al progetto del promotore, per assecondare le proteste della cittadinanza manifestatesi dopo l’aggiudicazione, con rilevanti ricadute sul PEF (Piano Economico Finanziario).
Anche nella fase di esecuzione del contratto di PPP, l’Autorità ha potuto riscontrare diverse criticità ricorrenti, alcune delle quali, comunque, connesse alla carenza della progettazione eseguita a monte. L’Autorità ha verificato che problematiche insite nella fase progettuale o di realizzazione dell’opera hanno generato casi di alterazione del rischio di costruzione, che, sebbene dovrebbe caratterizzare il rischio imprenditoriale del concessionario, per il tramite delle anomalie riscontrate, è stato trasferito, in via diretta, in capo al concedente e, in via indiretta, sull’intera collettività. L’Autorità ha altresì ravvisato in talune ipotesi il trasferimento del rischio di domanda sull’amministrazione. Ne rappresentano un esempio le modalità con le quali alcune amministrazioni hanno affrontato le conseguenze negative connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19 sulle concessioni in essere. Al riguardo si evidenzia che le concessioni, prevedono per definizione un’allocazione peculiare dei rischi che non può essere completamente annullata, anche in presenza di un evento imprevedibile. Altre criticità riscontrate, inoltre, riguardano le modifiche soggettive dell’aggiudicatario, essendosi verificate modifiche della compagine sociale, e il mantenimento dei requisiti di qualificazione durante tutta la durata dell’esecuzione evidenziando una carenza nell’attività di monitoraggio del processo.
Ulteriori criticità riscontrate si riferiscono specificamente agli interventi da realizzare mediante Project Financing, dove non di rado il promotore risulti essere stato l’unico partecipante alla gara, in assenza di un effettivo confronto concorrenziale basato sulla qualità delle proposte. Altre criticità sono state riscontrate con riguardo all’indipendenza e all’autonomia dell’amministrazione nella predisposizione dei documenti di gara, a carenze progettuali e previsionali e alle distorsioni dei rapporti tra concedente e promotore. Nel corso di un’istruttoria è stato addirittura rilevato che, in fase di esecuzione, si sono susseguiti più di venti atti aggiuntivi, alcuni dei quali tesi a modificare radicalmente l’originario assetto concessorio, prevedendo, nello specifico, la realizzazione ex novo di manufatti di ingente importo. Inoltre, si è avuto modo di registrare tempistiche di svolgimento delle procedure spesso eccessivamente lunghe, a tal proposito l’Autorità ha adottato anche un Comunicato, in data 11/11/2020, avente ad oggetto l’obbligo di concludere le procedure di gara avviate mediante Project Financing mediante provvedimento espresso.
In generale è emersa la necessità di sollecitare la concorrenza e garantire la qualità delle proposte nel Project Financing. Si è osservato infatti, che l’utilizzo del Project Financing su proposta del privato, rischia di risolversi in una completa sostituzione del proponente alla stazione appaltante, fin dalla fase di progettazione dell’intervento. Per evitare la sostituzione del promotore alla stazione appaltante e la scarsa concorrenza potrebbe rivelarsi utile, secondo l’ANAC, esperire una fase preventiva finalizzata a sollecitare il mercato all’invio di proposte alternative da comparare. A tal fine, si ritiene che la sollecitazione del mercato, attraverso la previa pubblicazione di un avviso per manifestazione di interesse o anche consultazioni preliminari di mercato, possa rivelarsi utile, fissando, comunque, un congruo termine entro il quale ricevere proposte ai sensi dell’art. 183 comma 15, indicando nel relativo avviso di manifestazione di interesse il settore nel quale si auspica di sviluppare interventi mediante Project Financing o l’obiettivo che si intende perseguire, con l’impegno che sarà poi valutata la fattibilità degli stessi, nel termine indicato dalla legge. All’esito della descritta fase comparativa, il progetto di fattibilità prescelto e approvato dovrà essere posto a base di una gara, alla quale è invitato il proponente, in applicazione di quanto previsto sempre dall’art. 183 comma 15 del d.gs. n. 50/2016.
La descritta modalità operativa potrebbe trovare applicazione anche per interventi previsti nella programmazione triennale, ammessa dal legislatore con il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” (pubblicato in G.U.R.I. del 16.07.2020, n. 24/L) che ha ampliato i presupposti per l’avvio del Project Financing ad iniziativa privata. La scarsa concorrenza negli affidamenti di Project Financing, soprattutto se ad iniziativa privata, risiede probabilmente, alla posizione di vantaggio competitivo del promotore che, avendo presentato il progetto, ha un’approfondita conoscenza dello stesso, superiore a quella di altri operatori economici. Al fine di mitigare gli effetti del vantaggio di posizione del promotore, potrebbe essere utile, secondo l’Autorità, per le stazioni appaltanti, prevedere nel disciplinare di gara una clausola di sbarramento (ex art. 95 co. 8 d.lgs. 50/2016). La clausola o soglia di sbarramento ha lo scopo di assicurare un filtro di qualità, impedendo la prosecuzione della gara a quelle offerte che non raggiungano uno standard minimo corrispondente a quanto (discrezionalmente) prefissato dalla lex specialis. Alla luce di un recente orientamento giurisprudenziale, il mancato raggiungimento della cosiddetta soglia di sbarramento dell’offerta del promotore preclude l’esercizio del diritto di prelazione, “il giudizio di inidoneità dell’offerta tecnica del concorrente/promotore derivante dal mancato raggiungimento del previsto punteggio minimo, che rende insuscettibile di valutazione la correlata offerta economica e impossibile la graduazione finale dell’offerta complessiva, che viene conseguentemente esclusa, si riflette anche sul diritto di prelazione, rendendo la stessa offerta complessiva tamquam non esset anche ai fini della venuta a esistenza del diritto”. In tal modo si potrebbe garantire: 1) in caso di unica offerta ad esempio quella del promotore, obbligato a partecipare all’affidamento, un livello qualitativo elevato del progetto, e quindi dell’opera e di conseguenza del concessionario, necessario per superare la soglia di sbarramento e vedersi aggiudicare la concessione; 2) in presenza di più concorrenti, uno stimolo per il promotore a presentare un’offerta qualitativamente non troppo “distante” dalla migliore, o quanto meno idonea a superare la soglia di sbarramento, così da mantenere inalterata l’esercizio del diritto di prelazione.
Infine, quanto alla corretta allocazione dei rischi e il rispetto delle tempistiche, rilevate soventemente troppo lunghe, l’Autorità nella delibera N. 219 del 16 marzo 2021, ha delineato 5 accorgimenti da tenere in fase di valutazione, progettazione e esecuzione dell’intervento.
Le numerose criticità rilevate dall’Autorità evidenziano le difficoltà che riscontrano gli enti concedenti nell’attuare un istituto strategico quale il PPP rischiando di vanificare l’utilità di questa particolare tipologia di contratti pubblici, minando l’indubbia opportunità che in essi risiedono per le amministrazioni e per le collettività. La complessità dello strumento del PPP in generale e del Project Financing in particolare, impongono il ricorso a strutture e competenze adeguate alla gestione dello stesso, in grado di comprenderne gli aspetti tecnici, economici, giuridici e di verificare in fase di valutazione del progetto che il rischio sia correttamente allocato, nonché effettivamente assunto e mantenuto anche in corso di esecuzione dal concessionario, anche ricorrendo eventualmente agli ordinari rimedi contrattuali, quali quello della risoluzione del rapporto concessorio. Pertanto, la riflessione più volte formulata dall’Autorità, alla professionalizzazione delle stazioni appaltanti dovrebbe assumere carattere ancor più intenso in ambiti così complessi. Pare opportuno suggerire agli enti concedenti di utilizzare lo strumento del Project Financing e in generale gli strumenti di PPP, ove siano previamente dotate di adeguate strutture e competenze, in grado di analizzare approfonditamente il progetto e il Piano Economico Finanziario presentato dal promotore per non trasformarli in operazioni tutt’altro che convenienti.
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