Agenda Addis Abeba, Agenda 2030, Accordo di Parigi. Nel 2015, 193 Stati Membri delle Nazioni Unite hanno fissato la meta per l’umanità fatta di prosperità socioeconomica e sostenibilità ambientale, ma ahimè tra punto nave, rotta vera e rotta bussola siamo ancora lontani dal raggiungerla. Sette anni dopo, il mondo è significativamente fuori strada per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs). Complice le molteplici crisi sanitarie, di sicurezza, climatiche e finanziarie che hanno portato a un’inversione del progresso.
In attesa della prima revisione volontaria dell’UE nel luglio 2023, possiamo analizzare i dati del Rapporto Europeo sullo Sviluppo Sostenibile 2022 pubblicato a dicembre del 2022 dal Sustainable development solutions network (Sdsn), che propone una sintesi del percorso verso la realizzazione dell’Agenda 2030 compiuto da 38 Paesi: Stati dell’UE, aspiranti membri (escluse Ucraina e Moldavia), Regno Unito e Stati dell’ European free trade association.
Ciò che emerge è la necessita che il mondo abbia uno spazio fiscale equamente condiviso per investire negli SDGs. A livello globale, sono stati mobilitati $ 17 trilioni di dollari per la ripresa del COVID-19, soprattutto nei paesi ricchi, ma resta aperta la questione sulla capacità di tali risorse di incidere nella transizione verde e digitale. Inoltre, i paesi poveri continuano a non disporre di un margine di bilancio adeguato per rispondere alle crisi e investire nello sviluppo sostenibile, impossibilitati, come sono, ad accedere ai mercati a condizioni accettabili.
La diplomazia, la pace e la cooperazione globale sono presupposti fondamentali per realizzare
progressi nello sviluppo sostenibile e l’UE dovrebbe, in tale cotesto, guidare gli sforzi internazionali, trainare lo sviluppo con la disseminazione di buone pratiche, molteplici alleanze e coalizioni e azioni di impulso e stimolo.
Ma se è vero che l’UE guida gli SDG a livello globale, è anche vero, purtroppo, che genera grandi ricadute negative, meglio note come esternalità negative.
All’interno dell’Europa, ci sono grandi differenze nelle prestazioni e nei progressi degli SDG tra regioni, paesi e obiettivi. Complessivamente, l’UE27 ottiene un punteggio complessivo dell’indice SDG di 72 (su 100). I paesi dell’Europa settentrionale ottengono i risultati migliori, con un punteggio medio dell’indice SDG di 81. La Finlandia è in cima all’indice SDG per l’Europa per il terzo anno consecutivo, seguita da Svezia e Danimarca. Al contrario, gli aspiranti membri dell’UE, hanno maggiori divari da colmare per raggiungere gli SDG, con un punteggio medio dell’indice SDG pari a 58, determinato in particolare da risultati inferiori sugli obiettivi socioeconomici (SDG 1, SDG da 3 a 9) e SDG 16 (Pace, giustizia e istituzioni forti). L’Italia ha un indice pari a 70.6, posizionandosi come 19° (nel 2021 era 23°).
Le situazioni più critiche si riscontrano, come nel 2021, per il Goal 2 “Lotta alla fame”, il Goal 12 “Consumo e produzione responsabili”, il Goal 13 “Lotta ai cambiamenti climatici”, il Goal 14 “Vita sott’acqua” e il Goal 15 “Vita sulla terra”. Tra le cause, l’insostenibilità dei sistemi produttivi e delle scelte alimentari che hanno impatti negativi sull’ambiente, sulla biodiversità e sul clima.
Il Rapporto propone un’organizzazione dei 17 Goals e dei loro 169 obiettivi tale da permetterne il raggiungimento. Diversi gruppi, quali Il mondo nel 2050 (TWI2050, 2018), Sachs et al. (2019) e il gruppo di scienziati indipendenti delle Nazioni Unite, hanno infatti proposto serie sostanzialmente coerenti di sei trasformazioni che insieme consentirebbero di raggiungere gli SDG.
Le sei trasformazioni sono collegate alle otto aree tematiche del Green Deal europeo.
1. Istruzione, competenze, lavoro dignitoso e innovazione: garantire un’istruzione di alta qualità, compreso l’apprendimento permanente, per tutti gli europei e rafforzare l’innovazione nelle tecnologie e nelle industrie strategiche.
2. Energia sostenibile: promuovere l’efficienza energetica, ottenere una generazione di energia a zero emissioni di carbonio, decarbonizzare l’industria e creare nuovi posti di lavoro.
3. Comunità sostenibili, mobilità e alloggi: rafforzare le città e altre comunità promuovendo una mobilità sostenibile e intelligente, rinnovando gli alloggi, garantendo standard di edilizia sostenibile e sostenendo nuovi posti di lavoro.
4. Produzione alimentare sostenibile, diete sane e protezione della biodiversità: garantire un’agricoltura e un uso sostenibili degli oceani, promuovere diete e comportamenti più sani e proteggere e ripristinare la biodiversità e gli ecosistemi con redditi dignitosi per agricoltori e pescatori.
5. Economia pulita e circolare con inquinamento zero: limitare l’inquinamento, ridurre il consumo di materiali e ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’industria e dei consumatori europei.
6. La trasformazione digitale: costruire un’infrastruttura digitale all’avanguardia, rafforzare l’innovazione e proteggere i diritti dei cittadini sui propri dati e la democrazia europea.
La strategia del Green Deal si articola in otto principali politiche (aree tematiche):
- Rendere più ambiziosi gli obiettivi dell’UE in materia di clima per il 2030 e il 2050;
- Garantire l’approvvigionamento di energia pulita, economica e sicura;
- Mobilitare l’industria per un’economia pulita e circolare;
- Costruire e ristrutturare in modo efficiente sotto il profilo energetico e delle risorse;
- Accelerare la transizione verso una mobilità sostenibile e intelligente;
- “Dal produttore al consumatore”: progettare un sistema alimentare giusto, sano e rispettoso dell’ambiente;
- Preservare e ripristinare gli ecosistemi e la biodiversità;
- Obiettivo “inquinamento zero” per un ambiente privo di sostanze tossiche.
Infine il rapporto propone cinque azioni prioritarie per accelerare gli SDG nell’UE e a livello internazionale:
1. Garantire che il riesame volontario dell’UE del 2023 includa tre elementi importanti:
(1) priorità interne, (2) ricadute internazionali e (3) partenariati internazionali e diplomazia per gli SDG.
2. Riaffermare l’impegno entro luglio 2023, con una dichiarazione politica congiunta dei tre pilastri della governance dell’UE – il Consiglio europeo, il Parlamento europeo e la Commissione europea – ad un rinnovato impegno verso il raggiungimento degli SDG in un mondo multipolare e nel contesto di molteplici crisi sanitarie, di sicurezza, climatiche e finanziarie.
3. Adottare una comunicazione, che sarà pubblicata dalla Commissione europea, che chiarisca in che modo l’UE mira a raggiungere gli SDG in Europa, inclusi obiettivi, tempistiche e tabelle di marcia per le questioni ambientali e sociali (in particolare quelle non contemplate nel Green Deal europeo)
4. Implementare e rafforzare gli impegni presi al vertice del G20 a Bali, in Indonesia e alla COP 27 a Sharm El Sheikh, in Egitto, a sostegno dell’appello del Segretario generale delle Nazioni Unite per uno stimolo sugli obiettivi di sviluppo sostenibile per affrontare le questioni di spazio fiscale nei paesi in via di sviluppo e spingere per l’adozione di un meccanismo globale per condividere equamente l’onere del finanziamento dell’adattamento al cambiamento climatico indotto dall’uomo e i costi delle perdite e dei danni tra i paesi più responsabili
5. Sviluppare un nuovo meccanismo per promuovere un impegno strutturato con la società civile, le organizzazioni giovanili, le imprese, i sindacati e gli scienziati sulle politiche e sul monitoraggio degli SDG.
Le tabelle pubblicate nel presente articolo sono estratte dal Rapporto Europeo sullo Sviluppo Sostenibile 2022 (dicembre 2022- Sdsn)
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