La Relazione sullo stato di attuazione della politica di coesione europea e nazionale fornisce un istantanea dello stato di attuazione dei Programmi e degli interventi della politica di coesione in Italia, sia
per la componente europea che per quella nazionale, con particolare riferimento al ciclo 2014-20, a partire dalla lettura dei dati dei documenti di programmazione e di monitoraggio, in particolare dai dati forniti dall’Ottava relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale.
La politica di coesione rappresenta oggi la principale politica di investimento che l’Unione europea rivolge alle regioni e alle città europee con l’obiettivo di sostenerne la crescita economica e lo sviluppo sostenibile, e di migliorare la qualità della vita dei cittadini.
Essa trae fondamento dall’art. 119 della Costituzione, in particolare, descrive le finalità da attribuire alle risorse aggiuntive e agli interventi speciali in favore di comuni, province, città metropolitane e regioni da parte dello Stato:
- promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale;
- rimuovere gli squilibri economici e sociali;
- favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona;
- provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni svolte dagli enti autonomi.
La Relazione sullo stato di attuazione della politica di coesione europea e nazionale pone l’accento su di un fenomeno, diffuso in Italia, detto “Trappola dello sviluppo”, che descrive la condizione dei territori in cui non si verifica l’attesa riduzione dei divari tra le regioni, ma si rileva al contrario una tendenza all’aumento delle disparità, accentuate in questo momento storico da condizioni congiunturali particolarmente critiche. É quello che emerge in particolare dal confronto tra le regioni del Mezzogiorno d’Italia e le regioni Europee. In queste regioni emerge infatti che la dinamica di sviluppo e convergenza ha subito un progressivo arresto, determinando una condizione di stagnazione successivamente al raggiungimento di livelli medi di reddito. Quello che succede è che terminata la prima fase dell’investimento primario, queste regioni non sono state in grado di riorientare gli investimenti, spostandoli dalle infrastrutture di base verso il finanziamento di nuove condizioni necessarie allo sviluppo, come la formazione altamente qualificata, l’innovazione, il miglioramento della qualità dei servizi e delle amministrazioni locali.
La relazione evidenzia come tra il 2001 e il 2019 il PIL pro capite in termini reali sia aumentato in gran parte delle regioni dell’Unione, mentre nella maggior parte delle regioni dell’Italia – considerando sia quelle più sviluppate del nord che quelle meno sviluppate del sud – abbia registrato un calo.
Le regioni dell’Italia meridionale, in particolare, presentano un fenomeno in controtendenza con le teorie dominanti sulla crescita economica, secondo cui la crescita è tanto maggiore quanto più basso è il livello iniziale del PIL pro capite.
Infatti, a livello europeo la crescita è stata superiore alla media nelle regioni meno sviluppate e in transizione, al contrario delle regioni dell’Italia meridionale, che già avevano registrato una crescita negativa negli anni 2000, sebbene il loro PIL pro capite fosse ben al di sotto della media dell’UE, la crescita è stata inferiore alla media.
Fonte: Ottava relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale
In linea generale, si definiscono “intrappolate nello sviluppo” le regioni che vivono una siffatta condizione per 15 anni o più, indipendentemente dal livello di sviluppo iniziale. Tali regioni si concentrano in particolare in Italia e Grecia: si tratta di regioni che, pur ricevendo un sostegno sostanziale dalla politica di coesione, hanno stentato a sostenere una crescita a lungo termine, nelle quali il dinamismo economico ha via via ristagnato, o che, pur essendo relativamente prospere, hanno attraversato frequenti o lunghi periodi di crescita inferiore alla media.
Pur essendo diversi i motivi per cui si cade in una trappola dello sviluppo, il comune denominatore si ritrova nei livelli di valore aggiunto nell’industria, nel capitale umano, nella dotazione di innovazione e la qualità istituzionale.
Significativo allora è anche il richiamo all’“Indice Europeo della Qualità dei Governi”, rispetto al quale l’Italia, nonostante le differenze interne tra macro-aree, si è posizionata integralmente – con la sola eccezione della Provincia autonoma di Trento – su valori negativi.
Quest’ultimo punto, in particolare, evidenzia come le regioni con un governo di migliore qualità e un contesto istituzionale più favorevole abbiano più probabilità di evitare il rischio di essere intrappolate nello sviluppo.
E’ all’interno di questo quadro di contesto che si sono inserite iniziative importati della commissione Europea per dare seguito ed ampliare le misure di risposta alla pandemia di Covid-19, prima con il Recovery
Assistance for Cohesion and the Territories of Europe (REACT-EU) nell’ambito di NextGenerationEU (NGEU), strumento temporaneo approvato dal Consiglio europeo nel luglio 2020; successivamente con l’iniziativa Cohesion’s Action for Refugees in Europe (CARE) per dare risposta all’impatto sociale ed economico sull’Unione europea dell’aggressione all’Ucraina da parte della Federazione russa.
Attraverso REACT-EU, sono state assegnate risorse supplementari ai programmi della politica di coesione 2014-20 allo scopo di promuovere il superamento degli effetti negativi della pandemia sull’economia, sull’occupazione e sui sistemi sociali, e di sostenere, al contempo, la transizione verde e digitale. La decisione di rafforzare la programmazione 2014-20 ha consentito di immettere rapidamente nell’economia nuove risorse da indirizzare per investimenti mirati per la ripresa dei Paesi (e delle regioni) più colpiti.
La dotazione di risorse UE destinata all’Italia è pari a 14,4 miliardi di euro (di cui 11,3 miliardi di euro per l’annualità 202118 e 3 miliardi di euro per l’annualità 202219) a cui si aggiunge il cofinanziamento nazionale, nella misura di 186,4 milioni di euro previsto per le misure di assistenza tecnica. La proposta di programmazione complessiva di REACT-EU è stata valutata positivamente dalla Commissione il 3 maggio 2021. Ad essa ha fatto seguito la riprogrammazione degli otto Programmi Operativi Nazionali interessati (cui si aggiunge il programma FEAD), approvata con decisioni separate per ciascun Programma da parte della Commissione.
Con l’iniziativa Cohesion’s Action for Refugees in Europe (CARE) sono state apportate modifiche mirate ai regolamenti dei fondi della politica di coesione 2014-20, finalizzate a supportare gli Stati membri nell’accoglienza dei rifugiati mettendo a disposizione liquidità aggiuntiva e introducendo misure di flessibilità, in continuità con quanto già previsto dalle iniziative regolamentari CRII e CRII Plus.
In particolare, è stato previsto:
− un aumento del prefinanziamento assegnato agli Stati membri a valere sull’iniziativa REACT-EU. Per l’Italia, l’effetto di tale modifica si è tradotto in una liquidità aggiuntiva pari complessivamente a circa 452 milioni di euro (FESR, FSE e FEAD);
− l’estensione al periodo contabile 2021-2022 dell’opzione di utilizzo del cofinanziamento UE al 100 per cento, allo scopo di alleviare ulteriormente l’onere sui bilanci nazionali, in continuità con quanto già previsto dal regolamento CRII Plus;
− l’introduzione di una maggiore flessibilità per i pagamenti del saldo finale dei programmi 2014-20 (dal 10 al 15 per cento della spesa per ciascuna priorità, per fondo e per categoria di regioni);
− l’inserimento di una clausola di salvaguardia per i progetti in ritardo di attuazione a causa del conflitto bellico in Ucraina, che prevede la possibilità di ultimare i progetti non completati nell’ambito dei programmi 2021-27 superiori a un milione di euro, unitamente a una maggiore flessibilità per la riprogrammazione
delle risorse disponibili tra assi, fondi e categorie di regioni.
Da ultimo, il regolamento (UE) 2022/2039 (Iniziativa FAST-CARE) ha disposto l’aumento del tasso di prefinanziamento per i programmi FESR, FSE Plus 2021-27 per un importo complessivo di 3,5 miliardi di euro. Per l’Italia l’importo complessivo di tale liquidità aggiuntiva è risultato pari a 411 milioni di euro.
Sulla base degli ultimi dati disponibili e validati estratti dal Sistema Nazionale di monitoraggio (Banca Dati Unitaria – BDU) al 31 ottobre 2022, l’avanzamento finanziario mostra un volume di risorse impegnate complessivamente pari a 51,7 miliardi di euro e di pagamenti pari a 35,1 miliardi di euro, rispettivamente il 79,7 per cento e il 54,2 per cento della dotazione complessiva programmata.
Confrontando i dati di avanzamento finanziario dei programmi regionali tra categorie di regioni, si rileva un ritardo significativo delle regioni meno sviluppate e in transizione soprattutto in termini di pagamenti, inferiori di oltre 15 punti percentuali rispetto alle più regioni sviluppate.
Quello che emerge è un quadro preoccupante: la spesa da realizzare nel 2023, pari a 29,9 miliardi di euro, di cui 19,9 di risorse UE, è consistente. La spesa complessiva da realizzare nell’ultimo anno della
programmazione, comprensiva del cofinanziamento nazionale, risulta invece pari a 29,9 miliardi di euro (46 per cento del valore delle risorse programmate).
Anche nel confronto tra i Paesi dell’Unione europea, i dati forniti dalla Commissione Europea (Cohesion Open Data Platform – rilevazione al 30 settembre 2022) rispetto allo stato di attuazione della politica di coesione collocano l’Italia al secondo posto per ammontare di risorse assegnate, ma al penultimo in termini di implementazione, con una percentuale di spesa pari al 55 per cento del programmato, contro una media europea del 69 per cento.
Alla luce di questo quadro si apre adesso una intensa stagione per le Autorità di Gestione dei Programmi Nazionali e Regionali, che culminerà il 30 settembre quando scadrà il termine per la modifica del Programmi Operativi, un opportunità per giocare le carte vincenti e raggiungere gli ambiziosi obiettivi di spesa e provare a liberarci dalla trappola dello sviluppo che ci cattura e ci limita.
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