Nel corso di un decennio (2014-2023), l’Italia ha ricevuto accrediti da parte dell’Unione Europea per un valore complessivo di circa 105 mld di euro (il dato non tiene conto di 35 mld di euro ricevuti dall’Ue nel 2023 come tranche dell’anno del PNRR): il 45% per la gestione dei fondi strutturali (o anche fondi indiretti); il 55% per la gestione di altre tipologie di fondi (FEAD, YEI, FSI, IPA, FEAGA, ecc.).
L’analisi sull’utilizzo dei fondi europei nella ricerca “La gestione dei fondi europei in Italia: asset strategico per il volàno della nostra società”, realizzata dall’Eurispes ha visto l’elaborazione di oltre 1 milione di dati provenienti da diverse fonti ufficiali, tra cui programmi operativi, indicatori finanziari, dati di spesa, rendicontazioni periodiche e statistiche socio-economiche ed è stata effettuata rispetto a vari livelli amministrativi (UE, nazionali, regionali).
Analizzando nel dettaglio i progetti del periodo di programmazione 2014-2020, al 30 luglio 2023, l’Italia si distingueva come il primo Paese europeo per numero di progetti finanziati, con oltre 740mila iniziative approvate, pari a circa il 40% del totale dei progetti cofinanziati dall’UE in quel periodo. Al confronto, altri grandi beneficiari della politica di coesione, come Polonia e Spagna, hanno concentrato i fondi ricevuti su un numero molto più contenuto di progetti, meno di un quinto rispetto a quelli attivati da Amministrazioni centrali, regionali e locali italiane.
Analizzando il valore medio dei progetti cofinanziati nei diversi Stati membri, l’Italia si collocava tra i paesi con il valore più basso, pari a circa 79mila euro per progetto. Al contrario, in Romania, ciascun progetto ha beneficiato in media di un finanziamento significativamente più elevato, pari a € 3,2 milioni. L’Italia si distingue in Europa per l’elevato rapporto tra progetti e beneficiari: in media, ciascun beneficiario ha gestito 8,2 progetti, contro una media di 2-3 progetti nella maggior parte degli altri paesi.
Per quanto riguarda il ciclo di programmazione 2021-2027, al 31 agosto 2024, quindi a metà ciclo, lo stato dell’arte degli impegni e dei pagamenti dei fondi strutturali presenta la seguente situazione: a fronte di uno stanziamento complessivo tra risorse europee e nazionali sui fondi FESR, FSE+, FEAMPA e JTF di € 75,054.62 mln ne sono stati allocati (c.d. valori impegnati) su progetti specifici € 12.582,3 mln (pari al 16,7%) e richieste domande di pagamento (c.d. valori spesi) di € 1.693,6 mln (pari al 2,3% del valore complessivo). Facendo un confronto con gli altri paesi europei, si evidenzia come ad oggi il valore complessivo dell’impegnato dell’Italia, e quindi della capacità di programmazione dei progetti, è inferiore rispetto a quello della maggior parte degli altri paesi: attualmente, risulta superiore soltanto a Cipro, Slovenia, Croazia e Portogallo.
Considerando il valore complessivo dello stanziamento previsto per l’Italia, secondo soltanto a quello della Polonia, si trae facilmente la conclusione che il prossimo biennio rappresenta per l’Italia un periodo fondamentale per riuscire a programmare efficacemente i circa € 63 mld rimanenti. In questo senso, va vista la legge del 4/07/2024 n.95 (“legge Coesione”) volta ad introdurre misure urgenti per rafforzare le politiche di coesione territoriale.
Efficacia della politica di coesione in Italia
Le regioni italiane che hanno beneficiato della maggior parte degli investimenti delle politiche di coesione, inizialmente identificate come “Obiettivo 1” (2000-2006), poi come “Convergenza” (2007-2013) e infine come “Regioni meno sviluppate” (2014-2020 e 2021-2027), sono accomunate dall’avere un Pil pro capite inferiore al 75% della media UE. Queste regioni, localizzate prevalentemente nel Mezzogiorno, hanno subìto solo cambiamenti marginali nel corso del tempo, senza mai registrare un reale processo di convergenza con il resto d’Europa. In particolare, le regioni meno sviluppate del Mezzogiorno d’Italia continuano a crescere a ritmi inferiori rispetto a qualsiasi media UE. Questa tendenza rende l’area una delle più estese e popolose zone di arretratezza economica dell’Europa occidentale.
Le debolezze del Sistema Paese
Nonostante l’afflusso significativo di risorse comunitarie, l’Italia si trova spesso in difficoltà nell’efficace utilizzo dei fondi europei, a causa di problematiche strutturali che ostacolano il pieno sfruttamento delle opportunità offerte. Secondo un rapporto della Corte dei Conti italiana, al 2020 l’Italia aveva speso solo il 38% delle risorse assegnate per il ciclo di programmazione 2014-2020 (Corte di Conti “I rapporti finanziari con l’Unione Europea e l’utilizzazione dei Fondi europei” Relazione annuale 2020-2021), una percentuale tra le più basse in Europa. Altre nazioni, come la Polonia e la Spagna, nello stesso periodo avevano raggiunto una capacità di spesa rispettivamente del 72% e del 65%. Questa lentezza non solo impedisce di sfruttare appieno le opportunità offerte dai fondi europei, ma espone il Paese al rischio di dover restituire le risorse non utilizzate. Nel ciclo 2014-2020, circa 5 miliardi di euro sono stati oggetto di ridefinizione a causa di ritardi e inefficienze.
Permangono importanti criticità: la complessità burocratica, la frammentazione delle competenze e una capacità amministrativa non sempre adeguata; la scarsa capacità di progettazione delle Amministrazioni locali, soprattutto nel Mezzogiorno, dove si affrontano gravi difficoltà nell’elaborazione di progetti conformi ai rigidi requisiti stabiliti dall’Unione Europea (il 30% dei progetti presentati non è conforme ai criteri dei bandi europei); i monitoraggi e i controlli: in Italia, l’assenza di sistemi efficienti in questo àmbito ha spesso portato a irregolarità, ritardi, e sprechi di risorse, compromettendo l’impatto positivo dei finanziamenti comunitari e ciò avviene non solo nel Mezzogiorno ma anche nelle Regioni settentrionali.
Verso un approccio adattivo alla definizione dei progetti
L’efficace gestione dei fondi europei dipende da strategie ben definite e da approcci innovativi, come dimostrano alcuni modelli di successo adottati da diversi paesi membri dell’Unione Europea. Tra questi, emergono quattro esempi significativi che evidenziano come politiche mirate e pianificazione strategica possano massimizzare l’impatto dei finanziamenti europei.
I modelli di gestione dei fondi europei adottati da Polonia (gestione centralizzata), Germania (utilizzo dei partenariati pubblico-privati), Paesi Bassi (trasparenza nella gestione dei fondi) e Spagna (sviluppo delle aree rurali), nonostante siano molto diversi tra loro, sono tutti di successo. Non esiste un modello unico di gestione dei fondi europei, ma un sistema flessibile che rispetti le diversità territoriali e settoriali. Solo un approccio adattivo, che tenga conto delle caratteristiche locali e delle capacità amministrative, può garantire un utilizzo efficace e sostenibile delle risorse comunitarie.
Un approccio rigido e uniforme rischia di non rispondere efficacemente alle esigenze specifiche dei territori. Ogni area, territorio, regione ha caratteristiche e bisogni specifici che richiedono strategie adattate e mirate.
L’approccio adattivo a “geometria variabile” potrebbe rappresentare una strategia flessibile che permette di calibrare gli interventi in base alle caratteristiche e alle esigenze specifiche dei territori ed in particolare a quattro variabili:
- contesto territoriale;
- tessuto imprenditoriale;
- competenze possedute dalle Amministrazioni;
- burocrazia amministrativa.
Un approccio “a geometria variabile”, in definitiva, consente di affrontare le sfide di ciascun territorio in modo mirato, garantendo che i fondi europei vengano utilizzati in modo efficace e sostenibile.
La chiave del successo risiede nella capacità di adattare le strategie alle specificità locali, combinando interventi infrastrutturali, innovativi, sociali e ambientali. Solo attraverso una pianificazione attenta e flessibile ed un sistema di monitoraggio e controllo continuo sarà possibile massimizzare l’impatto dei fondi, promuovendo uno sviluppo equilibrato e inclusivo su tutto il territorio italiano.
Lo studio integrale è visualizzabile online cliccando qui
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